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Elfi

Gli elfi sono tra le razze più antiche del mondo, figli di Mitéra, l'Ancestrale della natura, che secondo la tradizione li generò dalle foreste e dalle acque. Nati nelle Terre di Smeraldo, un tempo vaste e incontaminate, hanno sviluppato un legame indissolubile con la magia, l'arte e la musica. Eleganti, longevi e dotati di grande sensibilità, furono tra i primi mortali a padroneggiare i segreti dei Pilastri, durante l'Era dei Draghi.
Oggi gli elfi sono frammentati in stirpi e regni rivali, ciascuno con la propria visione del mondo: alcuni fedeli custodi della natura, altri esploratori, altri ancora caduti nell'oscurità.
Noi non siamo padroni della terra: siamo le sue voci, i suoi sogni.
Finché canteremo sotto gli alberi, Mitéra non sarà dimenticata.
— Isyllar, Custode di Narievris

Storia

Nelle Terre di Smeraldo, un ambiente, ricco di insidie per chi non lo conosceva ma armonioso per chi sapeva ascoltarlo, nacque la stirpe originaria degli elfi, oggi ricordata come gli Elfi di Smeraldo. Essi svilupparono un'esistenza intimamente legata ai cicli naturali: divennero abili raccoglitori, cacciatori ed esploratori, conoscendo i segreti delle piante, delle bestie e dei sentieri invisibili tra gli alberi.   Non costruirono città né fortificazioni, ma vivevano in piccole tribù sparse, composte da famiglie e clan, unite dal culto dei Sei Astri e dalla capacità innata di “ascoltare” la natura. Questa attitudine li rende capaci di percepire presagi nei movimenti degli animali, melodie nei venti, consigli negli alberi secolari. Proprio da questa profonda intimità con il mondo circostante nacquero i primi miti, le prime canzoni ei primi legami con gli spiriti selvaggi.   Gli Elfi delle Terre di Smeraldo sono considerati la radice di tutte le altre stirpi elfìche, la forma più vicina all'originaria volontà di Mitéra: custodi delle foreste e della vita, essi rappresentano l'immagine più diffusa e riconoscibile della razza elfica.

Eppure non tutti rimasero fedeli a questo cammino. Alcuni elfi si distaccarono dai fratelli e abbandonarono le foreste. Inseguendo sussurri arcani e promesse di potere, si spinsero nei recessi della terra, trovando rifugio nell’oscurità eterna dell’Urdimar, il Sottosuolo. Là, lontani dalla luce degli Astri, le loro anime e i loro corpi mutarono e quella stirpe perduta venne ricordata col nome di Urdähl. Là dove gli Elfi di superficie coltivano armonia e bellezza, gli Urdähl hanno scelto la via del dominio e della sopravvivenza spietata. La loro cultura è un intreccio di splendore e crudeltà: città scintillanti scavate nella roccia e illuminate da gemme fosforescenti convivono con complotti dinastici, riti sanguinosi e guerre intestine guidati dal giogo di Zysh’thir, la Dea Tessitrice.

Età Antica - La Convergenza Primordiale

Dopo la scomparsa degli Dei dal mondo, giunse il tempo della Convergenza Primordiale, quando le Gemme si unirono e il cosmo trovò equilibrio, dando origine al Piano Materiale così come lo conosciamo oggi. In quel nuovo ordine, gli elfi iniziarono a volgere lo sguardo oltre le loro foreste ancestrali, spinti dalla sete di scoperta e dal desiderio di nuovi orizzonti. Le antiche tribù, un tempo nomadi e frammentate, si trasformarono in comunità stabili. Nacquero i primi villaggi permanenti, e con essi i primi contatti con altri popoli: le comunità rimaste nelle Terre di Smeraldo oltrepassarono i boschi e le valli per commerciare con i Nani delle Terre Centrali, dando avvio a un rapporto fatto di cautela e diffidenza, ma anche di reciproco rispetto.   In questo periodo gli elfi iniziarono a guardare oltre la mera sopravvivenza ea sviluppare una società organizzata. Già da tempo conoscevano i giacimenti di Deaite, pietra preziosa e rara, utilizzata per gioielli, rituali e manufatti unici. Ma l'apertura delle rotte commerciali con i Nani rense necessaria una produzione più ampia. Gli scavi nelle vene di Deaite si intensificarono, spingendo le tribù sempre più a fondo nella Catena del Grifone, montagne popolate da quelle possenti creature alate da cui prendevano il nome.   I primi scontri con i grifoni furono aspri e leggendari, ma col tempo gli elfi, capaci di “ascoltare” la natura e di stringere legami anche con le bestie più feroci, giunsero a un inatteso equilibrio. Dalla diffidenza nacque il rispetto, e da questo veri e propri patti di alleanza. Così sorse la casta dei Cavalca Grifoni, guerrieri e custodi di confine che fecero di quelle creature non solo compagne di battaglia, ma simbolo di prestigio e potere. Rispettati dagli alleati e temuti dai nemici, i Cavalca Grifoni divennero guardiani delle miniere di Deaite e garanti dei commerci con i Nani, segnando l'inizio di una nuova era per il popolo elfico.  
Alcuni clan, però, spinsero i propri passi molto più lontano, verso nord e verso ovest, varcando i Picchi Nebbiosi e inoltrandosi in terre remote e inesplorate. Questi gruppi diedero vita a una nuova stirpe, gli Elfi delle Terre Selvagge, che avrebbero dovuto percorrere un cammino diverso da quello dei loro fratelli rimasti fedeli agli Astri. Essi si distaccarono dal culto antico, volgendo la loro fede verso forze primordiali e spiriti naturali fondando così il Culto degli Spiriti Selvaggi. Fu in questa era, dunque, che gli elfi iniziarono a differenziarsi, ponendo le radici delle future etnie che nei secoli successivi avrebbero plasmato la loro storia.

Età Recente - L’Età dei Regni

Fu in quest’epoca che gli elfi, forti della ricchezza proveniente dal commercio con i Nani e dalla crescente lavorazione della Deaite, posero le basi del loro primo grande Regno nelle Terre di Smeraldo. Al centro di questa nuova unità sorse la città di Taliendor, capitale e cuore della civiltà elfica, situata ai piedi della Catena del Grifone nella regione di Calathenor (la “Regione dei Monti Viventi”). Con l’espansione economica, il popolo elfico si organizzò in nuove caste specializzate. Dalle mani sapienti dei Telthir, termine per indicare gli artigiani e gli incisori, nacquero gioielli e manufatti di straordinaria bellezza, ma anche strumenti capaci di convogliare la magia attraverso la Deaite. Grazie a loro furono forgiate le prime Pietre Runiche, incise con simboli magici e infuse di energie protettive. Per custodire e sorvegliare questi manufatti sorse la casta dei Myriath, i Custodi Runici, che erigevano menhir intorno alle città a difesa dei loro abitanti.   La crescita del Regno si rifletté nella fondazione di nuove città che andarono a costellare le Terre di Smeraldo. Altatorre, seconda solo a Taliendor, si distinse come centro artistico e magico, governata da una corporazione nota come Corte dei Telthir. Qui nacquero i primi Catalizzatori Arcani: piccoli manufatti in cui frammenti di Deaite  venivano incastonati in anelli, bracciali o amuleti, capaci di contenere e incanalare l’energia magica dei loro portatori. Ben presto divennero il simbolo della città, non solo strumenti di potere ma anche oggetti di pregio e riconoscimento. Attorno a queste due metropoli nacquero centri minori, ciascuno con una propria vocazione:  
Feam
Lilen
Che prosperava grazie alle sue pianure fertili divenne il cuore agricolo dell’Impero.
Celebre per i suoi tessuti e le sue manifatture, fonte di abiti pregiati richiesti dalle corti.
   
Celdan
   
Elpelia
Che si affermò come fortezza militare e fulcro della difesa dei confini.
Detta la Città d’Argento, sorta vicino a ricche miniere, dove questo metallo veniva lavorato in opere di straordinaria finezza.
  Così, tra caste specializzate e città fiorenti, prese forma una nuova identità elfica, segnata dal prestigio dell’arte, dalla disciplina della magia e dal potere dei commerci. Ma proprio in questo periodo, mentre il Regno si consolidava, nelle terre più remote i clan dei Veynar mantenevano vive le loro pratiche sciamaniche. Gli sciamani, riuniti nel concilio delle Anime di Cirgonen, si incontravano annualmente nella Foresta Grigia per celebrare riti antichi e discutere le loro visioni. Se per il Regno i custodi runici rappresentavano la protezione del futuro, per i Veynar essi erano il simbolo di un allontanamento dalle radici ancestrali. Così, in un’epoca di ricchezza e splendore, si accesero le prime crepe che avrebbero segnato i secoli a venire.  

Era del Dominio – La Caduta

Nelle Terre di Smeraldo, i secoli che precedettero la caduta del Regno furono macchiati da un conflitto fratricida che oppose gli Elfi di Smeraldo ai Veynar Questo periodo, ricordato come la Guerra delle Fronde Spezzate, dilaniò intere generazioni. L’incendio dei granai di Feam fu il primo colpo, privando il Regno di cibo e stabilità. Da lì in avanti le due stirpi si affrontarono senza tregua: i Cavalca Grifoni scesero in battaglia contro i druidi selvaggi dei Veynar nello Scontro di Lornasvel, la Valle dei Tre Fiumi, mentre artigiani di Lilen tradirono i loro signori e offrirono i loro saperi ai ribelli. Persino Altatorre fu costretta a richiamare a sé ogni guerriero per respingere gli assalti.
La Guerra si concluse senza un vero vincitore, ma con l’esaurirsi delle forze e delle speranze. Intere foreste furono ridotte a cenere, i villaggi spopolati e le valli devastate testimoniavano il fallimento di un conflitto che aveva dilaniato le generazioni. Nel caos, le Anime di Cirgonen, guida spirituale dei Veynar, furono completamente distrutte: senza i loro sciamani, i clan ribelli persero ogni direzione e ogni capacità di coordinamento, condannandosi all’irrimediabile frammentazione.
Così si chiuse la Guerra delle Fronde Spezzate: un conflitto che lasciò il Regno elfico indebolito, le stirpi divise e il seme di nuove etnie destinate a segnare profondamente la storia delle Terre di Smeraldo.
Fu allora che calò l’ombra dei draghi del Nuovo Ordine, guidati da Eldoran. Non si presentarono soltanto come conquistatori, ma come profeti di un credo implacabile: solo i draghi avevano diritto di governare il Piano di Auryn, mentre le razze mortali non erano che strumenti destinati a servire. Questo messaggio, unito alla devastante potenza dragonica, travolse in poco tempo città e regni.   Elpelia, la Città d’Argento, fu la prima a cadere: le sue fucine arsero in un rogo che illuminò le notti per settimane. Seguirono Feam e Lilen, e infine Altatorre, che dopo mesi di assedio cadde sotto il fuoco dei draghi. Persino Taliendor, conobbe la rovina, ridotta in cenere insieme ai suoi giardini incantati e alle sue torri bianche.  

Aldaril

Nel mezzo di questo caos si staglia la figura di Aldaril, il primo grande eroe elfico. Nato semplice mercante e ranger, divenne simbolo di coraggio e di speranza durante la guerra e l’invasione dei Draghi. La sua leggenda non è solo quella di un guerriero, ma di un custode della dignità del suo popolo in tempi di oscurità.
Gli elfi lo ricordano come “la Speranza che Sorge”, un nome che ancora oggi risuona nelle canzoni degli anziani.
  Alcuni Veynar fuggiti a nord dopo la disfatta si spinsero ben oltre le Terre Selvagge, attraversarono foreste senza fine e giunsero infine ai Monti Erelhoth, le Corone di Ghiaccio, all’estremo nord-ovest del continente, dove il gelo regna eterno e il sole raramente squarcia le nubi. Qui implorarono Mitéra di salvarli, ma la dea, adirata per il sangue fraterno da loro versato e per l’abbandono del suo culto in favore degli Spiriti Primordiali, li maledisse con il gelo eterno.   Smarriti e prossimi all’estinzione, i Veynar errarono tra i ghiacci finché scoprirono, nel cuore di una caverna cristallina, l’Isyath, la Stilla di Ghiaccio Eterno, un frammento di potere primordiale rimasto incastonato nei monti sin dal Canto delle Sfere. Nel toccarla, essi furono mutati: la pelle divenne pallida come neve, i loro occhi rifletterono la luce del ghiaccio e nelle vene scorse un gelo senza fine. Così nacquero gli Elyndar, gli Elfi delle Nevi, trasformati non da un patto, ma dal contatto con una reliquia primordiale. Un popolo maledetto, ma anche portatore di una forza che li rese parte inseparabile del gelo stesso.   Non tutti i Veynar presero la via del nord. Molti clan, privi della guida delle Anime di Cirgonen, rimasero nelle Terre Selvagge, dove la memoria del conflitto si intrecciò con il culto degli Spiriti Selvaggi. La loro stirpe si divise in cammini diversi, entrambi segnati dal dolore e dalla necessità di sopravvivere. I più pacifici si raccolsero attorno al Concilio delle Radure, un’assemblea itinerante di druidi e capiclan che si riuniva nei luoghi sacri per ascoltare la voce degli Spiriti. Da questo concilio nacquero i cosiddetti Sylvaith, i “Guardiani Selvaggi”, che si vedevano come custodi delle foreste e delle radure totemiche. Essi vagavano tra i boschi come mediatori tra gli Spiriti e i mortali, difendendo i santuari, i luoghi di potere e le foreste di Saddilia dall’invadenza di estranei.   Altri clan, invece, scivolarono nella ferocia. Abbandonato ogni equilibrio, veneravano gli Spiriti con riti di sangue e cacce implacabili. Questi guerrieri, conosciuti come Zarkai, i “Predatori della Fronda”, si organizzarono in branchi totemici guidati dai cosiddetti Maestri di Caccia, capi che affermavano la propria autorità attraverso la forza e il sacrificio. Ai viandanti e agli esploratori, gli Zarkai apparivano come bestie più che come elfi, incarnazioni della furia primordiale che abitava le Terre Selvagge.   Così, i Veynar rimasti si dispersero in destini opposti: i Sylvaith, custodi delle radure sacre, e gli Zarkai, predatori implacabili. Entrambi legati agli Spiriti Selvaggi, ma divisi per sempre da come interpretavano il loro richiamo.   La guerra contro Eldoran e il Nuovo Ordine segnò la fine dell’Era del Dominio. Solo dopo la caduta dei draghi, molti elfi che erano stati deportati nei Distretti rifiutarono di tornare nelle Terre di Smeraldo. Avevano imparato a convivere con il deserto stesso, e scelsero di restare. I loro corpi si temprarono alla sabbia e al sole implacabile, la pelle si fece scura e i sensi si adattarono alla vita notturna. Così nacquero i Siryath, gli Elfi del Deserto, discendenti di schiavi e fuggiaschi che avevano trasformato la loro prigionia in una nuova identità.  

Era dei Mortali - Dal Concilio al Regno

  Dopo la caduta del Nuovo Ordine e le devastazioni dell’Era del Dominio, i superstiti delle Terre di Smeraldo iniziarono lentamente a ricostruire ciò che era andato perduto. Piccoli regni e città-stato rifiorirono tra le rovine, ma nessun regno elfico riuscì più a riunire tutte le stirpi sotto un’unica corona. Gli elfi assunsero così un nuovo ruolo: custodi della memoria e della magia, portatori di tradizioni millenarie ma divisi tra la nostalgia del passato e la necessità di aprirsi a nuove alleanze per garantire la sopravvivenza della loro civiltà. Tra gli eventi più significativi vi fu la rinascita di Taliendor, ricostruita ai piedi della Catena del Grifone. Al centro della capitale venne piantato un Oiolosse, albero sacro a Mitéra e simbolo di speranza, che sotto la guida di Aldaril divenne il cuore di una nuova era. Da quella radice spirituale nacque il Concilio degli Oiolosse, assemblea di saggi incaricata di proteggere il sapere e guidare il destino delle stirpi, mantenendo l’equilibrio tra magia e politica.   Ma quando gli Skeldar guidati da Harden Tiren calarono sulle Terre di Smeraldo, Taliendor divenne il bersaglio della loro furia. La combinazione tra la brutalità barbarica e la tecnologia bellica dei Nani si rivelò inarrestabile: le mura caddero sotto le macchine d’assedio, le strade furono travolte e l’Oiolosse, fulcro della capitale, venne abbattuto e incendiato. Con esso si spense la protezione divina e crollò l’orgoglio della stirpe elfica.   Dalla rovina non si rialzò il Concilio, ma la figura di Mindartis Aloro, figlio dell’Oiolosse Nordithas, che raccolse attorno a sé i superstiti proclamandosi re. Sotto la sua guida, gli elfi si ritirarono a est, abbandonando pianure e foreste ormai cadute in mano agli uomini. Le antiche città furono lasciate in rovina, e un popolo diviso si strinse intorno al giovane sovrano, sospeso tra il dolore del passato e il desiderio di rinascita.   Così ebbe fine l’epoca del Concilio e si aprì un nuovo capitolo dell’Era dei Mortali: l’Età Moderna, segnata da nuovi equilibri, da rancori mai sopiti e dalla difficile convivenza con i regni umani.  

Età Moderna - Quando gli Alberi piangono Cenere

Dopo la caduta di Taliendor e la dissoluzione del Concilio, gli elfi superstiti si raccolsero attorno a Mindartis Aloro, che istituì le Corti di Virenthar per dare coesione al popolo disperso. Fu un sistema di domini e assemblee locali che sostenevano la monarchia, ma sempre in equilibrio instabile fra l’autorità regale e l’indipendenza delle stirpi. Per la nuova capitale, Mindartis scelse le rovine di un antico insediamento di cui si diceva fosse stato edificato quando ancora gli dèi camminavano sul Piano. Una leggenda narrava che sotto le sue radici fosse sepolto un frammento di stella caduta, e che l’aria stessa fosse intrisa di una luce arcana capace di proteggere i viventi. Il luogo era conosciuto come Sylvaris, la “dimora dei sussurri”, ed era venerato dai Druidi della Luna come un santuario inviolabile. La decisione del re di edificare lì la nuova capitale, tra cascate e pinnacoli rocciosi, accese l’ira del Circolo druidico, che rifiutò di sostenere la monarchia e si ritirò in un orgoglioso silenzio.   Accanto al re, un ruolo decisivo ebbero i Cavalca Grifoni, ordine a cui apparteneva lo stesso Mindartis in gioventù. Fedeli al sovrano, essi divennero la sua guardia d’onore e la lancia del regno. Tuttavia, la loro lealtà al re li pose spesso in contrasto con i druidi e con le stirpi più tradizionaliste: mentre i druidi predicavano neutralità e rispetto delle antiche leggi, i Cavalca Grifoni incarnavano la nuova monarchia militare, pronta a combattere per difendere l’eredità elfica.   La fragile rinascita fu presto oscurata dalla Piaga dell’Ombra, che devastò i regni umani e raggiunse anche le foreste elfiche. Per gli elfi fu un trauma: raramente erano colpiti dalle malattie mortali, ma la Piaga non faceva distinzione. Interi villaggi vennero abbandonati e perfino Sylvaris vide i suoi giardini spogli. Lo stesso Mindartis fu consumato dal male, morendo dopo un lungo declino. Le cronache raccontano che gli elfi tentarono ogni via: preghiere a Mitéra, riti druidici, reliquie di luna, ma nulla poteva fermare questo male. La loro salvezza giunse solo quando, tra gli uomini, Solius Regis innalzò la Fiamma del Sole. Quella stessa luce squarciò le ombre che infestavano le foreste, spegnendo la Piaga anche tra gli elfi. Per il popolo di Virenthar fu una ferita e una lezione: la loro luna non bastava, solo il Sole poteva respingere la Piaga dell'Ombra.  
Sul trono salì il figlio Aelarion Aloro, giovane e inesperto. Durante il suo regno nacque una nuova stirpe: i Mitheledh, le “Teste d’Argento”. La loro origine fu legata alla rovina: quando la città elfica di confine cadde in fiamme per mano degli umani, la cenere si posò sui superstiti, mutandone l’aspetto. I loro capelli divennero bianchi e i loro occhi riflettevano bagliori lunari. Considerati maledetti, furono emarginati. Con il tempo si trasformarono in una comunità ribelle: oggi i Mitheledh sono ricordati come anarchici, ostili alla corona elfica che accusano di tradimento, e agli uomini che considerano carnefici. La loro identità è costruita sulla ribellione, sull’autosufficienza e su un ideale di purezza che non significa isolamento, ma difesa delle antiche virtù elfiche.
Il regno di Aelarion fu breve: cadde in battaglia durante la Seconda Guerra contro gli uomini, lasciando il trono vacante. Sopravvisse soltanto la nipote, Leshanna Aloro, incoronata regina in giovane età. Fu lei, prima donna a salire sul trono dopo secoli, a riportare il Circolo della Luna vicino alla monarchia. Scelse come consigliera personale l’Alta Sacerdotessa Imbolc, arcidruido del Circolo, sancendo una conciliazione che avrebbe rafforzato la legittimità della corona.

Durante il suo regno emerse un fenomeno che avrebbe cambiato per sempre la stirpe elfica: la nascita degli Iltheryn, i "sangue misto". Non furono figli di alleanze, ma della guerra e della schiavitù. Prigionieri elfi furono venduti ai nobili umani, e da quegli abusi nacque una generazione di mezz'elfi. La loro nascita fu la risposta involontaria di una epoca in cui ogni legge, morale e ordine sembrava infranta. Disprezzati dagli umani come ibridi, guardati con pietà ma spesso ostracismo dagli elfi, gli Iltheryn vissero ai margini: villaggi in terra di nessuno, mestieri umili o clandestini, desiderio di appartenenza e confronto continuo con l’identità. Pur nella discriminazione, molti Iltheryn svilupparono adattabilità, diplomazia e una visione che connette i due mondi: elfico e umano.
La guerra con gli uomini si concluse infine con la Resa di Ferro firmata da Leshanna Aloro, una decisione che salvò il suo popolo dall’annientamento. Alcuni cronisti sostengono che la regina sia stata influenzata dall’Alta Sacerdotessa Imbolc, la sua consigliera, che vedeva nella pace l’unico modo per preservare la stirpe elfica e riconciliare gli spiriti della natura. Ma non tutti condivisero questa visione: gran parte della nobiltà accusò Leshanna di debolezza, considerandola troppo incline verso gli uomini e incapace di difendere l’onore del regno. Quella pace, sebbene necessaria, incrinò l’autorità della corona e seminò diffidenza attorno alla figura della giovane sovrana.   Oggi, gli Elfi di Smeraldo non sono che un’ombra del popolo che un tempo dominava le vaste foreste del continente. Ridotti a una porzione esigua delle loro terre originarie, hanno trovato rifugio dietro i bastioni naturali di Virenthar, dove la capitale Sylvaris resiste come ultimo baluardo della loro cultura. Non tutti, però, hanno scelto di piegarsi alla corona. I Veynar vivono divisi in clan, in un conflitto senza fine contro le orde goblinoidi e le tribù di ettin che infestano le terre dell’Ovest.   Tra i picchi ghiacciati del Nord gli Elyndar raramente vengono avvistati al di fuori delle loro dimore cristalline. Considerati dagli altri elfi quasi spettri più che fratelli, non partecipano alle guerre dei mortali: osservano, vegliano, e seguono antichi riti di cui nessuno sa il significato.   Sotto la superficie, gli Urdähl intrecciano ancora i loro intrighi nelle città oscure, al servizio della Dea Tessitrice, la cui influenza plasma ogni loro mossa. La loro società resta chiusa e crudele, ma la minaccia dei loro complotti continua a gravare sul mondo di sopra.   Al Sud, tra le tempeste di sabbia, i Siryath percorrono senza sosta le Dune , nomadi che inseguono le rotte degli astri e i segreti nascosti dal vento. Per loro, la vita è una marcia senza fine tra miraggi e battaglie per l’acqua e il dominio sulle carovane.   I Mitheledh, hanno invece scelto la frontiera come propria dimora. Hanno preso possesso di un vecchio avamposto umano al confine tra il Regno Occidentale e Virenthar, trasformandolo in una roccaforte anarchica. Da lì conducono razzie, commerci e predicazioni di ribellione, rifiutando la corona e odiando gli uomini.   Infine, gli Iltheryn, lentamente si ritagliano un posto nella società. Nati dal sangue e dalla vergogna della guerra, continuano a essere guardati con sospetto da entrambi i popoli, ma nelle città di confine e nei mercati sono sempre più numerosi. A volte disprezzati, a volte tollerati, essi incarnano un futuro ibrido che nessuno può più ignorare.   Così, all’alba dei giorni nostri, il popolo elfico appare diviso in mille frammenti: regni, clan, sette ed esiliati. Uniti soltanto dal ricordo di ciò che furono, e dalla speranza — o timore — di ciò che ancora potrebbero diventare.
Longevità
600-800 anni
Altezza Media
1,50 e 1,80 metri
Peso Medio
50 - 80 kg


Epoca
Anni Circa
Eventi Chiave
Era Primordiale
? – 6000 E.D.
Origini
Era dei Draghi
6000 – 1000 E.D.
Città-stato, culto di Mitéra, prime migrazioni, rivalità tra stirpi
Era del Dominio
1000 – 0 O.P.
Sottomissione, ribellioni, diaspora
Era dei Mortali
0 – 100 O.P.
Rinascita città, Guerra delle Fronde Spezzate, I° guerra con gli umani, Caduta di Taliendor
Età Contemporanea
100 – ? O.P.
fondazione Corti di Virenthar, II° guerra con gli umani, nascita dei Mitheledh, nascita dei mezz’elfi

Le principali religioni

 

Il Culto di Mitéra

Fede principale degli Elfi di Smeraldo, venera Mitéra come madre e protettrice della razza elfica e della natura. I suoi templi sono boschi consacrati e alberi di Oiolosse, simbolo della sua benedizione. È parte dei Sei Astri ed è vista come colei che piantò i semi della vita.

Culto di Zysh’thir

Adorata dagli Urdähl, Zysh’thir rappresenta inganno, sopravvivenza e destino. Tessitrice di trame e menzogne, promette potere a chi sa muoversi nell’ombra. Per gli elfi di superficie è una divinità maledetta, ma per gli Urdähl è la loro salvatrice.

Gli Spiriti Selvaggi

Diffuso tra i Veynar, questo credo animista onora gli spiriti totemici della natura: lupo, orso, quercia, tempesta. Ogni clan ne segue un volto diverso, tra armonia e ferocia. I druidi e sciamani ne sono i custodi e interpreti.

La Corona di Ghiaccio

Proprio degli Elyndar, ruota attorno alla Stilla di Erelhoth, reliquia primordiale che li trasformò in popolo del gelo. Per loro è al tempo stesso dono e maledizione, fonte di forza e di condanna. I loro riti sono muti e solenni, celebrati nella città di cristallo.

Il Serpente delle Dune

Seguìto dai Siryath, venera Nath’raas, il Grande Serpente delle Sabbie, simbolo di sopravvivenza, astuzia e pazienza. Spirito antico ribellatosi ai draghi, insegna ai suoi figli l’arte dell’attesa e del colpo letale. I suoi rituali si svolgono nelle notti di tempesta di sabbia.
 
Culto di Mitéra
Organization | Sep 19, 2025
Culto di Zysh’thir
Organization | Sep 19, 2025
Culto degli Spiriti Selvaggi
Organization | Sep 19, 2025
La Corona di Ghiaccio
Organization | Sep 19, 2025
Il Serpente delle Dune
Organization | Sep 19, 2025
 

Panoramica sui Regni


Le Corti di Virenthar

Il regno degli Elfi di Smeraldo, erede frammentato dell’antico splendore, si raccoglie oggi nelle foreste orientali. Virenthar, dal termine elfico “Virenn” (germoglio), rappresenta un nuovo inizio, radicato nella tradizione ma consapevole della fragilità dei tempi. La capitale Sylvaris sorge tra cascate e pinnacoli rocciosi, costruita su un antico insediamento consacrato dai druidi della Luna. Il regno è una monarchia retta dalla casata Aloro, con la regina Leshanna come ultima erede della linea di Mindartis.

Dominio di Druvannar

Il regno degli elfi oscuri nell’Urdimar prende il nome di Druvannar, “Reame delle Tenebre Intessute”. È una confederazione di città-stato sotterranee, unite dall’unico Culto di Zysh’thir, la Dea Tessitrice. I suoi signori sono matrici di intrighi e tradimenti, eppure la loro società prospera nelle profondità, forte di una disciplina ferrea e di un’economia basata su schiavi, commercio segreto e arti proibite. La capitale, Xiltharion, “Cuore della Tela” è un labirinto di sale scolpite nella roccia e cattedrali di ragnatele cristallizzate.

Regno di Eryndor

Gli Elyndar, gli elfi delle nevi, hanno dato vita al regno di Eryndor, “il Trono di Ghiaccio”, tra le vette perenni dei Monti Erelhoth. La loro capitale, Thalyssar, è una città di ghiaccio vivo, scolpita attorno alla Stilla di Erelhoth, reliquia primordiale che fuse il loro destino con il gelo eterno. Eryndor è governato da un consiglio di sovrani-sacerdoti che custodiscono i segreti della reliquia e mantengono il culto della Corona di Ghiaccio. Isolati e misteriosi, gli Elyndar sono guardiani silenziosi di un potere che pochi mortali hanno mai osato avvicinare.
Gli elfi sono un popolo frammentato, sospeso tra memoria e speranza. La loro storia è un ciclo di splendore e caduta, di unità e divisione. Nonostante tutto, l'eredità di Mitéra vive in loro: ogni melodia, ogni albero sacro, ogni pietra incisa è un ricordo di ciò che furono… e forse di ciò che potrebbe ancora diventare.

La nostra gloria non è morta, ma dorme.
Un giorno le foreste si desteranno, e canteranno di nuovo il nostro nome.
— Aldaril la Speranza che sorge, Signore di Lilen, l'Oiolosse

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