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Orchi

Gli orchi sono figli della roccia e del fuoco, temprati nelle gelide steppe dello Yakuta e poi cresciuti tra vulcani e arene, in una cultura che non conosce vergogna né paura. Essi non combattono per odio, ma perché la guerra è per loro canto, rito, linguaggio. L’onore è la loro legge: chi non lo possiede non è degno di vivere. La loro società, dura ma solidale, venera la forza come forma di verità.
Ogni colpo vibrato nell’arena è una parola incisa sul cuore del clan. La guerra non ci divide: ci racconta chi siamo.
— Antico proverbio orchesco

Storia

I canti più antichi degli sciamani raccontano che, quando Korderath vagava per le Gemme del mondo giovane, non era soltanto un guerriero ma anche un cacciatore instancabile. Egli inseguiva le prede più colossali che abitavano il Piano Frammentato: leviatani marini, belve di ghiaccio e ragni ancestrali. Ogni volta che abbatteva una creatura, ne legava il corpo a catene immense e lo appendeva sotto la sua fortezza celeste, a monito del suo valore.

Si dice che, stanco della solitudine delle sue battute di caccia, Korderath decise di forgiare dei compagni. Non li plasmò dalla pietra inerte, bensì li generò dal respiro delle bestie uccise e dalle scintille del proprio fuoco divino. Da quella fusione nacquero i Gobruun, piccoli, feroci, rapidi come lupi e astuti come corvi. Erano i “primi orchi”, nati per seguire il dio nelle cacce e per celebrare i suoi trionfi in canti e tamburi. Col passare dei millenni, i Gobruun si adattarono al mondo terreno e cambiarono. Alcuni rimasero piccoli e veloci, legati alle foreste e alle Terre Selvagge. Altri, però, iniziarono a crescere in forza e statura, assumendo la forma che oggi è tipica degli Orchi Yakutani: robusti, guerrieri, popolo del ghiaccio e del fuoco.
Accanto a loro camminavano i Giganti, anch’essi figli di Korderath. Insieme formarono le prime tribù nomadi, che vagavano nelle steppe dello Yakuta seguendo le migrazioni delle grandi bestie. I Giganti erano i fratelli maggiori, i Gobruun i fratelli minori: gli uni insegnavano la forza, gli altri l’astuzia. Questo equilibrio, secondo i miti, garantì la sopravvivenza delle tribù nella crudezza dell’aurora dei tempi.  

La cultura che nacque fu inevitabilmente sciamanica. I primi orchi veneravano il respiro della preda, lo spirito della neve, la fiamma che arde sotto la terra. Ogni battuta di caccia era un rito, ogni uccisione un’offerta a Korderath. Le ossa venivano dipinte e usate come strumenti sacri, le pelli cucite in mantelli tribali, i denti trasformati in amuleti. Ancora oggi, nelle cerimonie delle arene, gli orchi intonano canti che ripetono gli stessi ritmi dei tamburi sciamanici dei Gobruun.
Canto dei Gobruun

(...)
Tamburi battono!
Ossa cantano!
Korderath guida!
La preda cade!
(...)
     

Età Antica – Il Sangue dei Giganti

Col passare dei secoli, i Gobruun si trasformarono negli orchi Yakutani, più grandi, più forti e capaci di stabilirsi in territori definiti. Le tribù un tempo nomadi diedero vita ai primi clan stabili, con totem, gerarchie e rituali. Al centro di ogni comunità sorsero le arene sacre, spazi circolari di pietra e sangue che divennero il cuore della vita collettiva.   L’arena non era solo luogo di duelli: era tribunale, tempio e scuola. Le dispute tra clan e famiglie trovavano risoluzione nel combattimento rituale; le unioni matrimoniali venivano consacrate con prove di resistenza; i giovani raggiungevano l’età adulta dimostrando il proprio coraggio davanti alla comunità. La vittoria stabiliva la verità, e il sangue offerto alle sabbie consacrava la giustizia a Korderath.   In quest’epoca si consumò anche il più grande trauma della memoria ancestrale: la scomparsa dei Giganti. Nelle saghe sciamaniche non si parla di abbandono, bensì di una missione imposta o una maledizione inevitabile. Alcuni dicono che i Giganti furono chiamati a sigillare nelle terre dell'Est un’antica oscurità che minacciava Auryn; altri narrano che una colpa primordiale li condannò a marciare per l’eternità verso il gelo, come custodi silenziosi di un segreto divino. Qualunque fosse la verità, i Giganti lasciarono lo Yakuta con passi pesanti e solenni, e il loro popolo minore rimase orfano di fratelli.  
Prima della partenza, però, i Giganti lasciarono un dono. In un rituale sciamanico compiuto sotto i Flussi Arcani, offrirono parte del loro sangue ai clan orchi, affinché la forza dei giganti non fosse mai dimenticata. Da quel patto nacquero gli Ur-Kor, gli “Eredi del Sangue”: orchi possenti, dalle corna poderose, che incarnavano l’ultimo legame con i fratelli scomparsi. La loro presenza nei clan era un segno sacro, un richiamo alla grandezza dei giganti e un monito a non dimenticare la loro missione. Si racconta che le corna degli Ur-Kor crescano rivolte verso il cielo, come a imitare l’ascesa dei giganti verso il nord ghiacciato. Per questo gli sciamani li considerano ponti viventi tra la terra e il mito, custodi inconsapevoli di un destino che va oltre i clan.
Fu allora che sorse la leggenda della Prima Arena Centrale, conosciuta nei canti sacri come Narokh, il "Cerchio del Giuramento", ed evocata dai clan con il nome più cupo di Thorgarh, la "Tomba dei Giganti". L’arena fu edificata laddove Ur-Kor e Yakutani combatterono insieme per consacrare il loro patto di fratellanza. Non apparteneva a un clan soltanto, ma a tutti: un luogo neutrale, eretto con pietre portate da tribù lontane e intriso del sangue di campioni scelti. Si narra che le ossa dei giganti rimasti indietro, troppo deboli per la marcia verso il gelo, furono sepolte sotto le gradinate, e che nelle notti d’inverno i loro canti ancora riecheggino nel vento. La Prima Arena sopravvive ancora oggi, in rovina ma non dimenticata, avvolta da licheni e da venti gelidi. Sorge nella regione chiamata Altopiani di Narokh, un altopiano di basalto fratturato e gole profonde, terra battuta da tormente e da silenzi solenni. Nessun clan la possiede, perché appartiene a tutti. È il cuore morto ma sacro dell’orichità, e persino nell’Età Contemporanea le tribù rivali mandano qui i propri campioni per duelli solenni, a ricordare che, nonostante guerre e divisioni, il sangue dei Giganti scorre ancora nelle vene degli orchi.

Età Recente – L’Età dei Regni d’Arena

Con la memoria dei Giganti ormai svanita nelle nebbie del mito, gli orchi Yakutani iniziarono a forgiare la loro grandezza con le proprie mani. Le arene, che un tempo erano luoghi sacri di rito e comunità, divennero il cuore pulsante delle prime città stabili. Da queste nacquero i primi regni orcheschi, ognuno proclamando la supremazia del proprio sangue e della propria arena.
Ogni città-arena si ergeva come una roccaforte, e il suo campione era al tempo stesso giudice, simbolo e sovrano. Le dispute tra clan non si limitavano più a duelli rituali: ora si trasformavano in guerre tra regni, in cui la vittoria sanciva il diritto di dominare territori, tributi e alleanze. Così prese forma un mosaico di dinastie rivali, legittimate non dalla nascita o dal consenso, ma dalla forza dimostrata sul campo e nell’arena.

Gor-Khall, dei Cento Pilastri
 
Urzan-Dar, la Forgia della Vittoria
 
Fondata dagli Ur-Kor, tra le Montagne del Vento, era consacrata all’eredità dei Giganti. I suoi colossi avevano eretto un’arena scavata nella roccia, cinta da pilastri monolitici che narravano in rune la discendenza e i giuramenti della stirpe.
Sorta nelle terre vulcaniche a nord-ovest, Urzan-Dar dominava i giacimenti di Krogan: le sue fucine e le sue legioni forgiavano armi e armature verde-petrolio, e i suoi campioni erano temuti in tutto lo Yakuta.
   
Morgathar, il Trono del Sangue
   
Din-Torrak, la Lancia Errante
Erta su un altopiano a nord-est, Morgathar era il centro del culto della Signora del Sangue. Qui i duelli assumevano connotati sacrificali: la morte in arena veniva elevata a rito, e i rituali degli sciamani alimentavano il mito e la paura.
Un’arena mobile che seguiva clan nomadi. Tra i Din-Torrak emersero correnti estremiste che cercavano sfide sempre più grandi; stufi dello scontro fratricida, organizzarono spedizioni su navi da guerra, dando infine origine alla grande Diaspora del Sangue e ai primi nuclei che, adattandosi al deserto, sarebbero divenuti i Karak.
   
Kharzug, il Bastione delle Ombre
   
Vhar-Bakun, il Bosco delle Ossa
 
Costruito in una gola dell’ovest, Kharzug era avvolto da foschie e rituali notturni. Le arene qui avevano canti e pratiche che molti consideravano inquietanti: i rivali sospettavano che i suoi sciamani lavorassero con forze ai margini della realtà, e questo fece maturare nei confronti di Kharzug diffidenza e paura.
Nelle isole boscose che punteggiano la parte occidentale dello Yakuta nacque la confederazione dei Gobruun, piccole ma tenaci comunità sciamaniche che mantennero vivissime le antiche pratiche della caccia e del culto di Korderath. Vhar-Bakun non è una città singola, ma una rete di villaggi e arene lignee — costruite con ossa, legno e pelli — collegate da stradine sacre e da segnali di fumo.

In questi stessi secoli si consolidò il culto della Signora del Sangue. Nessuno seppe mai dire se fosse una dea nata dai sogni sciamanici o una vera entità sorta dall’eco delle arene. Venerata come madre della battaglia, la Signora non prometteva pace né salvezza: chiedeva sangue, e in cambio concedeva vigore, resistenza e gloria. I campioni caduti in arena erano chiamati “sposi della Signora”, e il loro sacrificio era ritenuto il più alto atto di devozione. Col tempo, la sua figura divenne la personificazione stessa della guerra: un’ombra che vegliava su ogni duello, e che sussurrava nei sogni dei guerrieri.   L’Età Recente fu un periodo di grandezza e decadenza insieme. Mai gli orchi furono così fieri e creativi: costruirono colossei di pietra, scolpirono arene che ancora oggi si ergono in rovina, diedero vita a canti epici. Ma mai furono così divisi: l’orgoglio dei regni d’arena consumò energie e sangue che avrebbero potuto unirli.  

Età Finale – L’Incubo Nero

L’Età Finale vide i Regni d’Arena spingersi al limite delle proprie forze. I secoli di guerre avevano consumato risorse e vite, eppure la fiamma dell’orgoglio orchesco non si era mai spenta. Ogni città-arena portava avanti la propria tradizione, convinta di incarnare la vera essenza del popolo orco.

I Din-Torrak, la “Lancia Errante”, erano tra i clan più feroci e insaziabili di sangue. Dopo aver soggiogato o annientato molti rivali nello Yakuta, si trovarono privi di sfide degne. I loro campioni, guidati da un desiderio inestinguibile di gloria, cercavano prede più grandi e leggende da inseguire. Furono i Gobruun a dar loro un nome e un orizzonte. Custodi di memorie arcaiche, tramandate dai tempi in cui i loro antenati avevano visto creature di fuoco e d’aria solcare i cieli, essi parlavano dei “Zereth”, i “Signori dell’Aria e della Fiamma”. Nessuno poteva dire con certezza cosa fossero davvero, se spiriti, bestie o dèi alati, ma nei racconti Gobruun i Zereth erano cacciatori supremi, al di là di ogni sfida mortale.  
Bramosi di misurarsi con tali creature, i Din-Torrak costruirono possenti navi da guerra e, accompagnati da gruppi di
Gobruun cacciatori, salparono verso nord. Giunsero nelle distese desertiche oltre il mare, dove i miti collocavano i Draghi, e lì fondarono i primi caravanserragli tra le dune. Da quella migrazione nacquero i Karak, un’etnia orchestra temprata dalla sabbia, dal sole e dalla caccia impossibile ai Draghi. I Gobruun che li seguirono conservarono la loro eredità di cacciatori sacri, trasformando la ricerca degli Zereth in una missione di lignaggio, tramandata di generazione in generazione.
I Kharzug, il “Bastione delle Ombre”, si erano isolati nell'occidente dello Yakuta. Fu lì che scoprirono la Kruul-Maakh, la Gola del Sussurro Spezzato. Nelle sue viscere ribolliva il Gurash, il "Sangue Oscuro": un liquido nero, vivo, che mormorava con voci innominabili. Gli sciamani, incuriositi, entrarono in contatto con esso. Il Gurash si insinuò in loro, corrompendo i corpi e le menti dei Kharzug. Non erano più orchi: divennero creature deformi, macchiate di nero, preda di un’ira incessante. Dopo secoli di silenzio e corrotti dal Gurash emersero dalla Kruul-Maakh come un fiume di ombre viventi nello Yakuta. Così ebbe inizio l’evento che le saghe chiamano l’Incubo Nero.
La prima vittima fu Gor-Khall: i Cento Pilastri furono abbattuti, i colossi Ur-Kor macellati mentre difendevano la loro arena ancestrale. La città cadde, e con essa gran parte della stirpe degli Ur-Kor si estinse. I superstiti, fiaccati ma non piegati, si dispersero tra gli altri clan, portando con sé frammenti di pietra incisa, unica reliquia della gloria perduta combattendo fino alla fine. Furono loro a reggere le prime linee della guerra. Davanti a quell’orrore, perfino i clan rivali compresero che nessuno avrebbe potuto resistere da solo. Gli Urzan-Dar forgiarono armi potenti, mentre i Morgathar si rivolsero disperati alla loro dea. Gli sciamani offrirono intere arene di sangue, e la Signora rispose: i guerrieri Morgathar furono investiti di un furore soprannaturale, insensibili al dolore e capaci di combattere per giorni senza cadere.   L’unione di Morgathar, Urzan-Dar e dei pochi Ur-Kor rimasti riuscì infine a ricacciare i Kharzug nella Kruul-Maakh, ma il prezzo fu terribile. Gor-Khall era perduta, Vhar-Bakun ridotto a un ossario infestato, lo Yakuta piagato da cicatrici profonde. Gli Ur-Kor, decimati, non si sarebbero più ripresi: la loro stirpe, un tempo fiera e numerosa, divenne rara fino a scomparire quasi del tutto. Nelle saghe orali l’Incubo Nero è ricordato non soltanto la scacciata dei Kharzug, ma anche come la “Notte del Sangue Eterno” la fine dell’età degli Ur-Kor.   Da allora, l’Incubo Nero divenne parte della memoria collettiva degli orchi. È narrato ancora oggi come una lezione terribile: il Sangue Oscuro non deve mai essere toccato, e il clan che si isola troppo rischia di cadere nell’abisso.  

Era del Dominio – L’Ombra Lontana

Sebbene le fiamme del Dominio draconico non lambissero mai direttamente lo Yakuta, la loro eco attraversò comunque mari e continenti come un vento rovente. Le catene del Nuovo Ordine e la furia di Eldoran si abbattevano sull’Impero lontano, ma persino i monti più remoti sentirono il tremore di quella conquista.   Mentre lo Yakuta si chiudeva nelle proprie montagne, Nelle Dune un’altra storia stava nascendo tra sabbia e cenere. I Karak e i Gobruun, divenuti nomadi e predatori, raggiunsero le coste del continente desertico dopo una lunga traversata. Risalita la costa occidentale, all’ingresso del Grande Deserto, i clan trovarono qualcosa di ancor più terribile: i Mawrahn, i Vermi Antichi del Pilastro della Terra. Creature colossali, lunghe quanto città intere, capaci di inghiottire intere carovane e spezzare le rocce. Nessun orco aveva mai visto simili mostri, e molti caddero nei primi scontri. I Din-Torrak però non si ritirarono. Lì, nelle gole pietrose che fanno da porta al Gande Deserto, edificarono i primi caravanserragli fortificati — città mobili di pietra e metallo, presidiate da clan guerrieri e sacerdoti della Signora del Sangue. Quelle fortezze divennero i primi semi della cultura Karak, la “gente delle dune e del ferro”.   Le cacce ai Mawrahn divennero riti d’iniziazione: chi ne abbatteva uno, forgiava la propria armatura con le sue scaglie e riceveva un nome nuovo. Nel tempo, questi orchi adattarono il culto della Signora del Sangue alla loro nuova esistenza: non più dea delle arene, ma Madre della Sabbia e del Furore, che benediceva chi affrontava il deserto e sopravviveva al suo abbraccio. Le cronache dei Karak narrano di battaglie titaniche contro i Mawrahn, e di come il sangue ardente di quelle bestie, mescolato alla sabbia rovente e alla polvere estratta dai Canyon di Nar’Kash, diede origine a una lega sconosciuta altrove: la Sabbiaforgia. Nei Nar’Kash — un dedalo di gole infuocate che segna l’ingresso al Grande Deserto — si cela infatti un minerale raro, il Tharuun, una pietra metallica dal colore del rame incandescente, che pulsa di calore anche dopo essere stata estratta. Fuso insieme alla sabbia e al sangue dei Mawrahn, il Tharuun genera un metallo vivo, denso e flessibile, di un arancio profondo come il sole al tramonto. Le armi forgiate con la Sabbiaforgia brillano di bagliori caldi e vibrano come se racchiudessero la voce del vento del deserto; le lame “respirano”, e i Karak credono che in esse dimori lo spirito del deserto stesso. I loro stendardi, tesi sopra le carovane come vele infuocate, portavano il simbolo del Sole Fratturato — emblema del fuoco che li aveva spinti a lasciare lo Yakuta e della nuova fiamma che avevano imparato a dominare.   Secoli dopo, le prime navi a comparire sul golfo tra i domini di Urzan-Dar e Morgathar non erano di Din-Torrak di ritorno dalle Dune, bensì di nani in fuga — profughi delle forge imperiali, scacciati dai draghi che avevano reclamato le loro miniere e ridotto in cenere le loro città.
Longevità
60-110 anni
Altezza Media
1.80-2.30 metri
Peso Medio
115-150 kg


riassunto epoche

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