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Kosmophonia - NpC

La Voce del Cosmo

Non è più Danwulf. Non è più uomo, né re, né eroe. È la Kosmophonia. Un nome che oggi non indica soltanto un'istituzione segreta, ma una volontà senza volto, un'eco incrollabile che attraversa il tempo. In principio, era il fratello di Gael Salmidan, il sovrano dei Tuathan de Danan che marciò nell’Abisso e rifiutò l’ascesa divina per custodire un potere troppo grande per essere distrutto. Oggi, ciò che rimane di lui dimora nell’Incubo della Kosmophonia, una tasca del reale modellata dai suoi ricordi e sospesa tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

Storia

Un tempo la Kosmophonia fu Re Danwulf, fratello di sangue di Gael Salmidan e re leggendario dei Tuathan de Danan. Durante l’epica peregrinazione nell’Abisso, non era concorde nell'accettare il patto con Umbreos, presagendo il prezzo che quel potere avrebbe richiesto. Eppure, per amore fraterno e fiducia in Gael, accettò di combattere al suo fianco contro i Fomor, servendosi dell’Augure Cosmico per liberare la loro gente. La vittoria fu amara: sebbene i Fomor fossero stati sconfitti e la magia dei Danan restaurata, l’Augure iniziò a corromperli dall’interno, un sussurro divorante che minacciava la loro stessa essenza.

Fu allora che Danwulf rinunciò all’ascensione divina che gli era stata promessa, cedendo il proprio posto fra gli dei al fratello Gael, e offrendo sé stesso come sigillo vivente contro l’Abisso. Il suo corpo fu trasfigurato e la sua anima incatenata in un luogo che non appartiene né ai vivi né ai morti: l’Incubo della Kosmophonia, il semipiano più profondo, plasmato dalle sue stesse memorie. In quel luogo remoto e onirico, egli divenne la Kosmophonia, un’entità immortale e insondabile, vegliando sull’Augure Cosmico affinché non tornasse mai a cantare la rovina del mondo.

La Forma dell’Eco

Nell’oscurità ovattata dell’Incubo della Kosmophonia, tra i sussurri delle stelle morte e le onde immobili del vuoto astrale, si erge la forma che un tempo fu Danwulf dei Danan. Oggi non rimane che un’eco senziente, un simulacro mentale forgiato dal ricordo, plasmato dal dolore, dal dovere e dalla rinuncia. La Kosmophonia si manifesta come un essere umanoide alto più di due metri, emaciato e mostruosamente elegante, con quattro braccia sottili come rami secchi e una pelle grigia, secca e avvizzita, tesa sulle ossa come un sudario dimenticato. Dal suo corpo si dipanano svariate escrescenze, simili a materiale vegetale o arboreo

Il suo volto, un tempo regale, ora è spoglio e scavato, ciocche rade di capelli bianchi cadono come fili spezzati sul cranio consumato. Sul volto e buona parte del corpo sono comparsi svariati bulbi oculari, le cui pupille lattiginose si muovono febbrili in ogni direzione. Indossa ancora la vecchia armatura dei Danan, arrugginita, spezzata in più punti, coperta da muschi astrali e incisioni dimenticate, insieme a un elmo crepato che gli pende sul capo come una corona spezzata. Non è più carne, né spirito, ma memoria incarnata, un simbolo vivente di ciò che fu sacrificato per proteggere il mondo.

Volontà Incorruttibile

La Kosmophonia non è più Danwulf. Quel nome, quell’uomo, quella voce sono stati divorati dai secoli e dall’abisso, consumati nel lungo sacrificio. Ciò che rimane non è una mente, ma un giuramento cristallizzato in forma di coscienza. Ha perso ogni sfumatura di individualità: non prova affetto, né rabbia, né dubbio. La sua esistenza è interamente votata a custodire l’Augure Cosmico, a impedire che il Nulla si riversi sul mondo. Questo scopo è tutto ciò che la definisce. Non pensa in termini di bene o male, non si lascia influenzare dalla pietà o dalla crudeltà. Esiste solo la funzione.

La Kosmophonia comunica col Coro attraverso sogni febbrili, visioni simboliche, e impulsi psichici che travolgono i sensi, lasciando dietro di sé la netta percezione di una volontà monolitica e aliena, distante da qualsiasi umana comprensione. Non impartisce ordini, ma imprime necessità: il sentiero da seguire si manifesta come inevitabile. Tutto ciò che si frappone tra la Kosmophonia e la sicurezza dell’Augure è percepito come un errore da cancellare, un’anomalia da annientare senza esitazione.

In questa solitudine eterna e silenziosa, la Kosmophonia non vacilla. Non può vacillare. Perché non è più una coscienza libera, ma un pilastro incatenato al cuore dell’abisso, che regge il mondo contro il collasso del destino.

La perdita del potere, l'erosione del tempo

Se è vero che la volontà della Kosmophonia non vacilla mai, lo stesso non si può dire del suo potere e delle sue capacità: il passare degli eoni, il continuo sforzo profuso per mantenere l'Augure sigillato, la frammentazione della coscienza hanno lentamente eroso il potere della Kosmophonia. Come una valvola, anno dopo anno, secolo dopo secolo, la presa dell'entità sul sigillo si è allentata, mai da permettere a questo potere di fuori uscire completamente ma come gocce di corruzione che hanno iniziato a mettere alla prova le altre Voci. Inizialmente si trattava di episodi isolati, a volte nemmeno registrati, e rapidamente con l'aiuto del Coro, la Kosmophonia riprendeva il controllo della Porta verso l'Abisso. Negli ultimi secoli però questi episodi si sono fatti sempre più frequenti, destando la preoccupazione costante del Coro.

I Menhir dell'Aethelmark

Sparsi nei luoghi di più alta sinergia arcana dell’Aethelmark, i Menhir dei Danan non sono semplici pietre rituali: sono ancore dimensionali, colonne di equilibrio che mantengono stabile l'intero sistema di piani e semipiani creati attorno all’Augure Cosmico. Ogni menhir è un punto nevralgico, una ferita nella realtà sigillata con sangue, pietra e volontà. Ma ciò che li rende veramente inviolabili è ciò che giace al loro interno.

In ciascun menhir, custodito in stato di sospensione eterna, riposa il corpo di un membro del primo Coro, la primigenia cerchia di Voci che servì Danwulf durante il primo sigillo. Questi Guardiani Eterni non sono semplici reliquie: prima del loro sacrificio, fu infusa in ciascuno una frazione della coscienza della Kosmophonia, frammenti del giuramento stesso. Ne è scaturita una coscienza collettiva, un essere distribuito, ramificato attraverso il tempo e lo spazio, in grado di percepire e reagire in ogni punto del sigillo.

Non si muovono, non parlano, non respirano. Ma sentono. Osservano il mondo attraverso sogni e sussurri, e se mai un pericolo minacciasse uno dei menhir, essi si risveglierebbero come una sola entità, agendo all’unisono per distruggere la minaccia, come anticorpi in un corpo sacro.

Queste entità sono conosciute tra le Voci come Echi del Primo Giuramento, e nessuno osa avvicinarsi a un Menhir senza una ragione vitale, perché lo sguardo muto dei Guardiani non dimentica, e la volontà che li abita non conosce misericordia.

Age
3000 anni
Children
Eyes
Vuoti
Hair
Radi e bianchi
Skin Tone/Pigmentation
Scura e avvizzita
Height
2,5m
Weight
38 Kg
Aligned Organization
Other Affiliations

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