Gufo Nero
La Locanda del Gufo Nero, costruita nel 3501 CN, è un simbolo vivente della storia di Vhar-Kazet, nonché l’edificio ancora attivo più antico della città. Situata nel cuore pulsante del Crocevia della Soglia, proprio di fronte alla sede del Lungo Braccio, questa locanda è molto più di un semplice rifugio per viandanti e mercanti: è un’istituzione cittadina, un crocevia di storie, intrighi e tradizioni. La sua facciata severa in pietra grigia e la struttura su tre piani evocano un’architettura solida e duratura, mentre l’ampia corte interna, accessibile tramite un portone ad arco, ospita le stalle e i magazzini, sempre in fermento.
All'interno, l’ambiente è caldo, accogliente e affollato: la sala comune è illuminata da candelabri in ferro battuto e da un gigantesco camino sempre acceso, davanti al quale spesso si radunano mercenari, studiosi della Soglia e avventurieri di passaggio. A gestire questo affollato microcosmo cittadino c’è la famiglia Rastgon. Treben, uomo dal volto severo ma giusto, cura le finanze e i rapporti con i fornitori; Marzenya, la sua compagna mezzelfa, è nota per la sua innata eleganza e per la sua abilità nel preparare infusi dalle proprietà quasi miracolose. Jamyra, la figlia ventenne, affascina ogni cliente con i suoi modi gentili e una bellezza che molti cantori non esitano a celebrare nei loro versi. Accanto a loro lavora Zalster Pietrapennello, Halfling carismatico e loquace che da anni si occupa di accogliere gli ospiti con battute, pettegolezzi e una memoria prodigiosa per nomi e volti.
Il Gufo Nero è anche fornitore di razioni e provviste da viaggio, una comodità per chi si avventura oltre le mura di Vhar-Kazet. Le sue cantine ospitano una discreta selezione di vini, idromele e liquori, alcuni dei quali ritenuti rarità importate dalle valli più remote dell’Erunia.
Tuttavia, ciò che rende davvero leggendaria questa locanda è una voce che si tramanda da generazioni: sotto al grande camino nella sala comune esisterebbe un antico passaggio segreto, un accesso dimenticato che condurrebbe a una sezione remota e forse pericolosa del sistema idrico cittadino. Nessuno ha mai confermato tale leggenda, eppure nelle notti di pioggia, quando il fuoco arde più forte e l’ombra danza sui muri, si dice che alcuni avventori abbiano udito un sussurro sommesso provenire dalle fessure della pietra, come se qualcosa – o qualcuno – attendesse ancora là sotto.
La sala comune della locanda del Gufo Nero si apre con un'immediata nota di carattere e mistero: accanto alla porta d'ingresso troneggia una statua in bronzo raffigurante un grosso gufo dal piumaggio scolpito con cura e dallo sguardo austero e vigile. I clienti, abituali o di passaggio, non mancano mai di sfiorare il suo becco levigato, lucido per il continuo contatto delle mani. Si dice porti fortuna, specialmente a chi si appresta a lasciare Vhar-Kazet per un lungo viaggio — e anche i più scettici spesso cedono a questo gesto, gettando un’occhiata di traverso come per non attirare l’attenzione della malasorte.
All'interno, la sala è dominata da lunghi tavoli di mongano, segnati dal tempo e dall’uso, robusti come le sedie che li accompagnano. Il pavimento in lastre di pietra scura restituisce un’eco profonda ai passi, mentre dall’alto soffitto pendono quattro imponenti candelabri in ferro battuto, che diffondono una luce calda e tremolante, ammorbidendo le ombre che danzano lungo le pareti in legno annerito dal fumo e dall’età.
Il cuore della stanza è senza dubbio il grande camino, il cui fuoco arde quasi senza sosta, in estate come in inverno. Sopra di esso, incorniciato in legno intarsiato, campeggia un enorme ritratto di Nakiasha Fildarae Elaleth, l’elfa fondatrice della città. Il suo volto, nobile e distante, osserva la sala con occhi che sembrano scrutare oltre il tempo. La leggenda vuole che proprio lei sia stata la prima proprietaria della locanda e che il gufo in bronzo all’ingresso non sia altro che il suo famiglio, pietrificato dopo la sua morte per vegliare in eterno sull’ingresso della taverna.
Alla destra del camino si trova un piccolo palco rialzato, dove Zalster Pietrapennello — dopo aver servito la cena con la consueta allegria — si esibisce in brevi numeri di giocoleria, racconti, o canzoni accompagnate da un flauto dal suono stridulo e incantevole. Le sue performance, sempre diverse, sono attese con ansia dagli avventori più affezionati, che lo salutano con applausi e brindisi rumorosi.
Una scala in legno conduce a una zona soppalcata che sovrasta parte della sala. Qui si trovano altri tavoli, più riservati, e l'accesso discreto a un corridoio che conduce alle stanze occupate dalle prostitute che lavorano alla locanda, protette e rispettate come parte integrante del microcosmo del Gufo Nero. Lì, tra sussurri, trattative e piaceri più terreni, si intrecciano storie che a volte scivolano oltre il bordo della notte per mescolarsi alle leggende che rendono la locanda uno dei luoghi più vivi — e più antichi — di tutta Vhar-Kazet.
Commenti