Sessione 63 - Il passato ritorna
General Summary
Mentre Karak e Tiresio riflettono nella semi oscurità e nel silenzio della rimessa sulle parole pronunciate dal cadavere di Miria, lo stesso fanno Goldrick e Lucien nel salone di Villa Janowitz, ancora interdetti e incuriositi da quanto detto dalla donna appena entrata nella stanza. La miriade di pensieri emergenti nelle menti del warlock e del paladino però, vengono immediatamente interrotti dall'intervento di Vladimir che, riconosciuta la figura, si alza repentinamente dal divano sul quale è seduto facendosi incontro a lei a grandi passi. Quest'ultima, con un gesto deciso e al tempo stesso elegante e posato, gli fa cenno di fermarsi e in qualche modo quella determinazione fa recedere il nobiluomo dal pressoché certo intento di fermarla. "Non è più tempo delle menzogne e delle mezze verità, fratello mio...", esclama la donna guardandolo fisso negli occhi con espressione impassibile. Un'atteggiamento e delle parole ai quali Vladimir Janowitz, per la prima volta da quando il gruppo lo ha conosciuto, non riesce a replicare ed anzi subisce, serrando la mascella e rimanendo bloccato sul posto mentre la sorella, con grazia e raffinatezza, si avvicina a quel punto a Lucien e Goldrick presentandosi. I due, dopo aver appreso la fondatezza delle loro congetture nel constatare che la donna sia effettivamente Sonya Janowitz, fanno altrettanto notando come anch'ella, allo stesso modo di Vera e Vladimir qualche giorno prima, non si dilunghi né si esibisca nelle consuete e richieste formalità aristocratiche di galateo. La stretta di mano che rivolge loro, infatti, è semplice ed essenziale, senza alcun richiamo al classico baciamano che sarebbe normalmente convenuto per una donna di tale rango. Poi, notando come ella indugi per qualche attimo sui simboli sacri ben evidenti sulla persona di Goldrick e in parte anche sulle orecchie appuntite di Lucien, il paladino e il warlock si limitano ad attendere in silenzio le spiegazioni promesse. E queste ultime, dopo che Sonya si siede sul divano accanto a Vera che la cinge affettuosamente con un braccio, finalmente arrivano. Senza ulteriori esitazioni, infatti, la donna prende fiato ed inizia a parlare sotto lo sguardo rattristato della cognata e quello contrariato ma silente del fratello maggiore. "Dovete sapere che poco più di dieci anni fa", esordisce con espressione seria, "e mio marito Mirek ci eravamo sposati da poco. Eravamo giovani e non avevamo ancora avuto i nostri figli. Egli era all'inizio della sua attività di gestione degli affari di famiglia riguardanti le pietre preziose estratte dalle nostre miniere ed era spesso in viaggio di lavoro. Sia per vendere quanto gli scavi producevano che per stringere legami commerciali. Spesso si assentava per giorni, decadi. Durante uno di questi viaggi che sarebbe dovuto durare più a lungo, però, Mirek fece inaspettatamente ritorno in anticipo. Non succedeva quasi mai e io lo accolsi con grande gioia. Passammo...", si interrompe brevemente, cercando di trovare le parole giuste e al tempo stesso chiudendo gli occhi, come provando dolore al solo pensiero, "...quella notte insieme. E al mattino seguente, all'alba, trasalii quando scorsi un secondo Mirek alla porta della nostra camera da letto. Il vero Mirek, realmente tornato in anticipo per una triste, o forse dovrei dire fortunata, congiuntura del destino. Colui che era...la creatura che...". "L'essere che ci aveva ingannati", interviene a quel punto Vladimir interrompendo la sorella con il chiaro intento di rispiarmarle il resto del racconto che le causava così tanta sofferenza, "colto in flagrante, tentò la fuga e, braccato da me, Mirek e i nostri servi, fuggì sul tetto di questa casa. Una volta lì, però, inavvertitamente, mise un piede in fallo e cadde, precipitando nel vuoto per più di 15 metri. Morì sul colpo ed una volta morto perse le sembianze di Mirek per riacquisire le proprie, quelle reali. Un orrido scherzo della natura, dall'apparenza umana ma indefinita nei lineamenti. Una creatura perfida e diabolica, in grado di mutare aspetto e spacciarsi per chiunque altro. Una creatura... un abominio inconcepibile, al di fuori delle leggi di questo mondo. Se non l'avessi visto con i miei stessi occhi...stento ancora a crederci. Ad ogni modo, trovammo su di lei un anello con lo stesso simbolo che avete detto di aver visto al collo di Nadya Golofkin. Pensammo che doveva averlo probabilmente rubato ma poi venimmo a sapere, qualche giorno più tardi, che la famiglia Golofkin aveva ufficialmente informato le autorità di Sturben della misteriosa scomparsa del consorte di Nadya, Tibor. A quel punto comprendemmo che l'essere non aveva rubato proprio nulla. Non nel modo in cui lo avevamo inteso noi, perlomeno. O si era sostituito da tempo al vero Tibor o addirittura doveva sempre essere stato lui. Con la complicità o meno dei Golofkin. Potevamo soltanto fare una cosa. Disfarci del corpo e insabbiare l'accaduto. La nostra famiglia doveva uscirne pulita, non implicata. Per il nostro buon nome e per il nostro onore. E così facemmo". A tali parole, il silenzio scende nel salone mentre Goldrick e Lucien si scambiano un'occhiata incredula e Vera, cercando di combattere il proprio stato provato, stringe con affetto la mano di Sonya, sulla cui guancia è adesso scesa una lacrima. In quegli attimi, solo il crepitìo e lo sfrigolare del caminetto acceso spezza quel mutismo fatto di dolore, vergogna, rabbia, odio e stupore. Dopo aver osservato la sorella con sguardo empatico e carico di dispiacere ma anche rancore, il nobiluomo riprende la parola. "Qualcuno deve aver parlato...qualcuno deve aver parlato!!", ripete alzando la voce con un'ira che pare montare ad ogni sillaba, "Non c'è altra spiegazione. Dopo tutto questo tempo non c'è altro modo con cui i Golofkin siano potuti venire a sapere del nostro coinvolgimento con la morte di...Tib...di quella...cosa. Lo hanno scoperto e adesso si stanno vendicando su tutti noi! Credendoci responsabili di qualcosa che non abbiamo fatto!! Quella creatura ha avuto quello che si meritava ma ha fatto tutto da sola. Noi ci siamo soltanto difesi. E' stata lei a dare inizio alla sua stessa fine!". Nel frattempo, nella rimessa, Karak e Tiresio proseguono nei loro ragionamenti, alla luce della scoperta di come Miria sia stata rapita e poi uccisa. E, pertanto, di come il suo suicidio, come avevano ipotizzato, fosse stato soltanto una messa in scena, sicuramente orchestrata dal doppelganger. "Quando ho parlato con lei la notte della ronda qui alla villa", sussurra il bardo con lo sguardo perso nel vuoto, "la vera Miria era già stata catturata...quindi...". "...quindi hai avuto a che fare direttamente con il doppelganger...", conclude la frase Karak, sbigottito. "Ma perché? Perchè è stato qui tutto questo tempo rischiando di venire scoperto? Cosa voleva?", riprende Tiresio sforzandosi di capire. Poi, decidendo di concentrarsi nuovamente sul cadavere di fronte a lui lasciando le riflessioni a quando il gruppo si sarebbe riunito, egli sprona anche il compagno a compiere un'ultima approfondita analisi su Miria. "Deve esserci dell'altro, qualche altro indizio. Deve esserci, deve!", giura Tiresio convinto, quasi come sia una solenne promessa a sè stesso. Così, i due esaminano ancora una volta il corpo, sperando di trovare qualcosa di più di quanto rinvenuto da Lucien e Goldrick. Con grande attenzione e accuretezza, prendendosi tutto il tempo necessario, controllano ogni possibile aspetto finché non scovano effettivamente due ulteriori particolari, sfuggitigli in precedenza. Un odore e una traccia. Il primo è un forte e piacevole odore floreale che pervade la donna e i suoi abiti, un profumo in vendita piuttosto diffuso presso il gentil sesso e non particolarmente costoso. La seconda è una piccola quantità di terra presente sotto l'unghia di un dito della mano destra della donna. Analizzando i due particolari a fondo soprattutto grazie all'incredibile olfatto di Karak, i due realizzano come l'odore, comunque diverso e privo della sfumatura metallica rispetto a quello descritto da Magda e trovato sulla veste di Slavko, sia eccessivamente pesante e di come la terra sia argillosa, di un colorito marrone tipico del terreno lavorato e fertile. Quasi contemporaneamente la coppia ha una doppia intuizione. "Odore forte...", rimugina Tiresio, "...che sia stato usato per coprirne un altro?!" mentre Karak esclama, convinto "Questa è terra fertile di campi coltivati. C'è soltanto una zona all'interno delle mura cittadine con dei campi così, a nord ovest di qui. E guarda caso è vicino a dove il doppelganger ci è scappato...guarda caso non è lontano dalla villa della famiglia Golofkin che, se non sbaglio, è la principale proprietaria terriera in città, con un ruolo prominente nella Gilda del Raccolto". Fissandosi l'un l'altro, i due giungono a quel punto alla conclusione di dover organizzare una perlustrazione della zona in modo da verificare a tutti gli effetti come Miria sia stata tenuta effettivamente prigioniera in prossimità di quei campi. Così da stabilire con assoluta certezza il coinvolgimento dei Golofkin con il doppelganger e con quell'intera faccenda. "Dobbiamo andare là e trovare l'indizio che ci permette di collegare tutto", afferma Tiresio, determinato, "Hanno provato a ripulire il corpo e a coprire l'odore, probabilmente della terra, per sviarci. Ma hanno commesso degli errori. Dobbiamo seguire questa pista. E dobbiamo avvertire gli altri. Raggiungiamo Lucien e Goldrick ma prima rimettiamo il corpo nel gazebo. Sicuramente gli Janowitz avranno chiamato la Milizia o la chiameranno a breve e dobbiamo rimettere tutto come lo abbiamo trovato. O quasi". La coppia procede quindi a riportare il cadavere di Miria nel giardino per poi, lasciato sul posto il maggiordomo degli Janowitz a controllare che nessuno vi si avvicini su ordine di Vladimir, rientrare nell'abitazione dirigendosi verso il salone al piano terra. Una volta imboccato il grande corridoio verso la sala, però, Karak e Tiresio trasaliscono quando scorgono, rannicchiata proprio dietro la porta chiusa di quella stanza, una piccola e minuta figura che pare origliare ciò che sta avvenendo all'interno. Interno dove, intanto, Lucien attinge a tutta la determinazione che possiede per porre due scomode domande ai tre Janowitz seduti davanti a lui. "Mi dispiace e non voglio essere sgarbato o inopportuno nel farlo ma devo chiedervi due cose importanti che potrebbero essere decisive per districare questa ingarbugliata matassa", continuando poi, dopo l'annuire di Sonya e Vladimir, "La prima è chi potrebbe aver riferito ai Golofkin di quanto accaduto. Potreste avere qualche sospetto, visto che lei, Lord Vladimir, ha parlato a tutti gli effetti di una sorta di spia? La seconda è: perché Tibor avrebbe preso di mira proprio voi? C'erano dei trascorsi, per caso?". "No, assolutamente. Non c'era nessun trascorso", interviene ancora una volta il nobiluomo, anticipando le due donne e tagliando corto seccatamente, "e per quanto riguarda la prima domanda...come ho già detto, ce ne occupammo io, Mirek e due dei nostri servitori più fedeli. Entrambi lavorano ancora qui, da anni ormai, e sono individui di cui mi fido ciecamente. I miei sospetti non ricadono su di loro quanto piuttosto su qualcun altro della servitù. Qualcuno magari che per caso assistette od origliò qualcosa al riguardo di quella faccenda e che poi si è venduto ai Golofkin. Forse qualcuno che non lavora più per noi, che abbiamo licenziato e ha fatto questo per vendetta. Purtroppo, però, sinceramente non saprei proprio fare alcun nome". "E il corpo di...Tibor? Ha detto che ve ne disfaceste...come?", chiede in quel momento Goldrick. "Io stesso e Mirek dammo ordine di smembrarlo e bruciarlo, disperdendone poi le ceneri", risponde subito Vladimir, serio, "Assistemmo in prima persona ad ogni istante di quel procedimento, compiuto dai due nostri servi di cui vi ho parlato". Realizzando quindi come sia impossibile esaminare il corpo della creatura e che comunque, per lo stesso motivo, la cosa sia stata anche impossibile per i Golofkin, Lucien si espone ancora di più con un'ultima, critica domanda. "Lady Sonya", esordisce con volto il più possibile educato e rispettoso, "adesso dovrò chiederle qualcos'altro di addirittura peggiore. Non è mia intenzione offenderla nè giudicarla, tutto quello che faccio è solo per la risoluzione di questa storia. Ebbene...quella notte, non ha avuto conseguenze? Non esiste alcun...frutto di quanto accaduto?". L'espressione sofferente di Sonya, a quelle parole, lo diviene ancora di più. Quasi in modo insopportabile. Pur con lo sguardo abbassato e gli occhi gonfi di lacrime non versate, tuttavia, ella non perde la propria compostezza e, posando delicatamente ma in modo fermo una mano sull'avambraccio del fratello, lo ferma ancora una volta nella sua chiara intenzione di alzarsi in piedi e rispondere in malo modo al warlock. Poi, dopo aver chiuso gli occhi per un istante e respirato a fondo, replica con decisione alla domanda che le è stata posta. "Assolutamente, non vi sono state conseguenze", esclama con un tono che però, per quanto sicuro, non trasmette al mezzelfo una totale sincerità. Ciò lo insospettisce ancora di più, soprattutto alla luce del fatto che il primogenito di Sonya, Gavril, in base a quanto appreso dal gruppo, ha poco meno di dieci anni d'età. Una coincidenza che egli non riesce ad ignorare. Le sue riflessioni in proposito e l'opportunità di fare altre domande, tuttavia, vengono a quel punto interrotte da un chiaro e improvviso suono di passi concitati. Qualcuno nel corridoio, a ridosso della porta del salone, pare infatti allontanarsi di corsa da essa. Vladimir e Goldrick scattano immediatamente in piedi per cercare di capire di chi si tratti e cosa stia accadendo, seguiti a ruota da Lucien, Sonya e Vera. Quando pochi attimi dopo il nobiluomo spalanca la porta del salone, tuttavia, nessuno è visibile sebbene si senta chiaramente il rumore di brevi e piccoli passi salire le scale e inoltrarsi in uno dei corridoi del primo piano, e di una porta che viene infine sbattuta con forza. Il capofamiglia, teso e preoccupato, nota subito la presenza di Karak e Tiresio giunti proprio allora nelle vicinanze delle scale, chiedendo loro se abbiano visto qualcosa. Ed egli, quando i due rivelano di aver visto Gavril origliare alla porta del salone e fuggire via in lacrime, si rabbuia di colpo. Nulla però in confronto alla reazione di Sonya quando, uscendo nel corridoio un attimo più tardi, apprende a sua volta la cosa. La donna infatti sbianca a quella notizia, sgranando gli occhi increduli. Poi, subito dopo, si lancia a perdifiato su per le scale ignorando tutto e tutti, gridando il nome del figlio. Arrivata velocemente alla porta della camera di quest'ultimo al primo piano, ella inizia a bussarvi mentre continua a chiamarlo disperata. In pochi istanti, il suo bussare diviene frenetico e angosciante mentre Gavril non le risponde e non le apre la porta, facendo esplodere la donna in un pianto devastato. Vladimir e Vera, angustiati da tale scena, raggiungono la donna tentando di tranquillizzarla, invano. Nel frattempo, il gruppo, pur solo in una manciata di minuti e nel bel mezzo di tale drammatica confusione, ha modo di riunirsi e ragguagliarsi su quanto scoperto su Miria e quanto appreso nel salone. Sebbene diversi elementi in precedenza scollegati ora appaiano connessi e le ipotesi e le congetture inizino già a farsi largo numerose nelle loro menti in conseguenza di tali nuove notizie, Tiresio, Lucien, Karak e Goldrick decidono di rimandare ad un secondo momento i loro ragionamenti condivisi per concentrarsi invece su quanto sta avvenendo. Anche perchè il bardo, a quel punto, vuole escludere un'eventualità potenzialmente tremenda e aggravante dell'intera situazione. "Se Sonya mentisse e se il doppelganger stesse facendo tutto questo per Gavril? Forse ipotizza o addirittura sa che il bambino è un mutaforma come lui. Dobbiamo accertarcene. A quanto so quelle creature si riproducono accoppiandosi con femmine inconsapevoli di altre razze e le loro progenie sembrano in tutto e per tutto appartenere alla razza della madre fino alla...maturazione. Non c'è un'età precisa in cui questa si manifesta, per ogni esemplare varia anche se solitamente ciò avviene alla fine della pubertà, ma ad un certo punto la maturazione avviene e l'individuo assume l'aspetto e le capacità dei doppelganger. Il processo dura un pò, comunque, e la sua durata anche in questo caso è personale. Non è immediato anche se fin dal suo inizio, come dicevo, l'esemplare non è più un membro della specie della madre. Ultimata la maturazione...è nato un nuovo doppelganger. Probabilmente Gavril è ancora troppo piccolo, ma direi di verificare se si tratta di un mutaforma. Spero di escluderlo...almeno per il momento". "Come?", gli chiede a quel punto Goldrick. "I doppelganger sono piuttosto abili nel leggere la mente altrui. Posso chiedergli di leggere la mia", risponde il bardo. Con l'assenso dell'intero gruppo, pertanto, Tiresio si muove verso la stanza del bambino, seguito dagli altri. Una volta raggiunti gli Janowitz, è Goldrick che prende la parola, rivolgendosi a Sonya in modo educato e rispettoso. Con grande tatto, egli riesce a calmare la donna e a convincerla a far parlare Tiresio con il figlio così da escludere l'orribile ipotesi della vera natura di Gavril. I modi e le parole del paladino fanno breccia nella disperazione della nobildonna che, nonostante abbia già chiarito la paternità del primogenito, accetta. Così, spronata sempre da Goldrick, ella usa la porta comunicante della camera accanto, destinata ad una Petra ora assente, per entrare nella stanza del figlio. Dando loro l'intimità di cui hanno bisogno, il paladino e il bardo rimangono per un pò in disparte mentre Lucien e Karak attendono nel corridoio insieme a Vera e Vladimir. Dalla porta semiaperta della stanza adiacente, Tiresio e Goldrick assistono alla scena della madre che si siede sul pavimento ai piedi del letto accanto al figlio piangente, abbracciandolo e scoppiando a sua volta in lacrime. Poi, dopo diversi minuti di carezze e sussurri tra lacrime e singhiozzi, Gavril pare tranquillizzato e Sonya da l'autorizzazione al bardo e al paladino di poter entrare nella camera. Una camera, come la precedente, elegante e lussuosa, sapientemente arredata con gusto. Tiresio, avvicinandosi ai due, si accovaccia sul grande tappeto dai colori caldi posto ai piedi del letto a baldacchino, in modo da guardare il bambino negli occhi. Occhi simili, per colore, a quelli della madre così come i capelli ma anche i lineamenti del viso, in particolare il naso. Una somiglianza su cui il bardo già inizia a riflettere. Poi, con il favore e l'assenso della madre, quest'ultimo inizia a parlare. Dopo essersi presentato, mentendo, come un elfo quando nota l'interesse e la meraviglia del ragazzino per le sue orecchie a punta, egli gli chiede di provare ad indovinare i numeri che sta pensando. Credendo che si tratti di un gioco, Gavril accetta incoraggiato dalla madre che non smette intanto di accarezzarlo mentre lo cinge con le braccia. Togliendosi le ultime lacrime dagli occhi arrossati, il bambino fissa il bardo cercando di leggergli la mente ma quando rivela ciò che crede di aver percepito, i numeri sono sbagliati. Il sospiro di sollievo di Tiresio rincuora Goldrick ma soprattutto Sonya che consente ai due di porre anche un'altra domanda al figlio riguardante l'atteggiamento avuto da Miria con lui nel recente periodo. Dicendo che la tutrice è sempre stata buona con lui, Gavril ammette comunque di aver ricevuto da lei una strana domanda qualche giorno prima. "Mi ha chiesto se sono capace di fare delle cose...speciali", confessa il ragazzino, "le ho detto che so far di conto e che un giorno mi piacerebbe suonare il pianoforte come mio padre. Lei si è messa a ridere...". Lo sguardo d'intesa che Goldrick e Tiresio si scambiano riguardo quell'ultima informazione è più che eloquente. Il doppelganger stava probabilmente cercando di scoprire la vera natura del bambino. A quel punto però Sonya interrompe il colloquio, proclamandolo definitivamente chiuso. A nulla valgono le insistenze del bardo, desideroso di proseguire l'indagine con un ultimo test di lettura della mente. "Vi ho già permesso fin troppo, considerato come vi avessi già assicurato la certezza della paternità di mio figlio. Mirek è suo padre!", risponde stavolta seccata la donna, discutendo privatamente con Tiresio spostandosi per pochi attimi nella stanza adiacente, lontano dalle orecchie del ragazzino, "Avete avuto la vostra prova, adesso basta. Ora, se volete scusarmi, porterò Gavril a giocare con la sorella nel giardino anteriore. Ha già sofferto abbastanza per qualcosa di inesistente. Con permesso". Così, baciando la fronte del figlio e prendendolo poi dolcemente per mano, Sonya lo guida verso il parco all'esterno lasciando il primo piano. Il gruppo, rimasto lì con Vladimir e Vera, valuta quindi il da farsi. Seppur Lucien spinga per cercare nell'abitazione un ritratto di Mirek che possa aiutarli nel tentare di riconoscervi una fisionomia comune con Gavril per un ulteriore conferma della sua paternità, il gruppo decide in quel momento di concentrarsi su un altro punto. Convinti infatti che gli Janowitz non abbiano raccontato loro tutta la verità riguardo quella faccenda, essi insistono con i due coniugi sul farsi dire ogni cosa. E stavolta, Lucien abbandona le sue consuete buone maniere per rivolgersi al capofamiglia con un tono perentorio ed intimidente, consapevole di non aver più tempo per temporeggiare con le formalità o l'eccessivo rispetto. Karak, allo stesso modo, pur non intervenendo e rimanendo come al solito avvolto nel suo ampio mantello con cappuccio, si solleva in una postura più longinea e minacciosa alle spalle del warlock, dandogli man forte nel mettere in soggezione il nobiluomo. Di fronte a tale determinazione, Vladimir Janowitz serra la mascella e per la seconda volta da quando lo hanno conosciuto cede all'imposizione di qualcun altro. "Un tempo avrei ucciso coloro che mi si fossero rivolti in questo modo...", confessa, con un'espresisone turbata e priva di tracce di rabbia, "ma adesso ne va del bene della mia famiglia. E voi siete qui per questo, convocati da noi. E' nel nostro stesso interesse informarvi su ogni particolare. Seguitemi". A quelle parole, il nobiluomo conduce il gruppo nella stanza di Petra ancora aperta lì di fronte, il luogo più vicino dove possono avere un colloquio privato al riparo da orecchie indiscrete. Vera, che è stata a braccetto con il proprio consorte per tutto il tempo e sempre più provata, si stacca brevemente da lui per assicurarsi che tutti li raggiungano nella camera per poi chiudere la porta alle loro spalle. Subito dopo, la donna guadagna di nuovo il fianco dello sposo rivolgendogli un convinto cenno di assenso. A quel punto, Vladimir, riacquistata la sua consueta espressione, sembra voler farsi forza nel pronunciare le sue prossime parole. Parole destinate a rivangare un triste passato, un passato che ritorna. Parole che il gruppo intuisce, già nel momento in cui il nobiluomo apre bocca, essere veritiere e per questo importanti.
Character(s) interacted with
Sonya Janowitz, Vladimir Janowitz, Vera Janowitz e Gavril Janowitz


