Un ritrovo movimentato
General Summary
Nell’abitato di Brea, all’interno della locanda che si affacciava sulla via principale, si era riunito un singolare gruppo di avventurieri. Seduti attorno al tavolo più appartato del locale, un elfo di nome Carandir Atanvar figlio di Elédhcaran, un hobbit conosciuto come Odo “Soffiatromba”, un umano chiamato Aldric “Pietramanto” e il nano Rurik “Spaccapietra”, banchettavano allegramente ricordando le vicende delle stagioni passate. I quattro erano intensamente presi dai ricordi e dal cibo, quando del baccano proveniente dalla strada disturbò la loro gioiosa spensieratezza.
Senza indugio, Aldric si precipitò fuori dal locale e vide un giovane umano cadere da cavallo. Facendosi largo fra la folla che si stava radunando attorno al giovane, Aldric raggiunse il ragazzo. Si accorse immediatamente che era ferito a una spalla da una freccia conficcata nelle carni ed era visibilmente spaventato e stremato da una lunga e affannosa fuga. Prestategli le prime cura, Aldric chiese al ragazzo cosa fosse accaduto. Con voce spezzata dal dolore e dal terrore, il ragazzo di nome Alfred raccontò che gli orchi avevano razziato la loro fattoria, ucciso suo fratello e si trovavano ancora nella casa quando lui era fuggito alla ricerca d’aiuto.
Senza perdere di vista il giovane Alfred, Aldric si affacciò all’interno del locale e chiamò i suoi tre amici che accorsero in strada. Superato il primo stupore, i tre guardarono interrogativamente Aldric che li ragguagliò sull’accaduto. I quattro compagni non ebbero dubbi su cosa ci fosse da fare e, con poche parole e pochi sguardi, decisero come muoversi.
L’elfo Carandir si diresse in biblioteca per cercare informazioni sulla famiglia di Alfred, sulla loro proprietà e la torre di guardia Occhio di Rhudaur che sorgeva vicino alla fattoria della famiglia di Alfred, ricordandosi che avrebbe potuto contare anche sull’aiuto di un conoscente dell’hobbit Odo che viveva a Brea e si dicesse sapesse tutto di tutti.
L’hobbit Odo e Aldric si precipitarono dal sindaco di Brea alla ricerca del suo appoggio per affrontare la minaccia orchesca, pronti a convincerlo che gli orchi non si possono ignorare ma bisogna affrontarli subito, finché erano un’avvisaglia.
Il nano Rurik si occupò del giovane Alfred e, caricato sulle spalle, si diresse dal guaritore del paese.
Spinta la porta di legno della biblioteca che rumoreggiò su cardini invecchiati, Carandir si ritrovò ad osservare pochi scaffali di vecchi tomi ricoperti di polvere. Sospirando per la povertà di conoscenza, scelta oculatamente i libri e sfogliò rapidamente le pagine, senza trovare qualcosa di utile. Facendo il rumore di una tegola che cade da un tetto, sbatté l’ultimo libro su uno scaffale e si precipitò in strada. Svincolando fra la gente, imboccando ora la via a destra ora quella a sinistra, Carandir raggiunse l’amico di Odo. Dopo una veloce presentazione, convincendolo che era realmente un amico di Odo ricordandogli l’erba pipa che lui gli passava a buon prezzo, l’elfo riuscì a scoprire qualcosa sulla famiglia di Alfred. Era gente per bene, il padre Clarkson accoglieva le guardie della torre. Diverso era il nonno Clark Ferris: una persona sgradevole e con qualcosa da nascondere.
A poche case di distanza, Odo e Aldric si trovavano in una sala piccola ma ben arredata. I pavimenti erano coperti i tappeti e la luce entrava da grandi finestre illuminando la stanza come se fossero nella piazza del paese. Davanti a loro, in piedi e con fare spensierato, c’era il sindaco di Brea, Conosceva Odo non direttamente ma il suo nome era giunto più volte alle sue orecchie e ogni volta erano parole buone, quindi lo ascoltò con predisposizione. Odo riepilogò l’accaduto e Aldric rimarcò l’importanza di fermare gli orchi, una minaccia per la città. Il sindaco non ebbe dubbi. Gli intenti del gruppo erano buoni e li volle sostenere. Fornì loro un cavallo, oggetti per il viaggio e gli accordò la scorta di una guardia di Brea.
Col peso del giovane umano Alfred sulle spalle, Rurik raggiunse l’abitazione del guaritore. Senza perdere i suoi rudi modi naneschi, irruppe all’interno e gettò il ragazzo su quello che lui identificò come il posto giusto per le cure, ma era solo un tavolo da pranzo. Superato lo sgomento iniziale, il guaritore ignorò lo sguardo accigliato che s’intravedeva dietro la barba del nano e si curò dell’umano, ma lo sguardo già contrariato del nano peggiorò quando il guaritore si limitò a lavare e fasciare malamente la ferita di Alfred.
Con le ombre che erano appena accennate, i quattro si ritrovarono alla locanda e la presenza di una guardia armata non destò stupore in Carandir e Rurik, anzi, fu per loro il messaggio che le cose dal sindaco erano andate per il verso giusto. Convinto a fatica il giovane Alfred che era ferito, stanco e che fosse meglio che restasse a Brea mentre loro si sarebbero occupati della sua famiglia, i quattro, seguiti dalla guardia, salirono in sella ai cavalli e, guidati a Odo, imboccarono la sicura strada battuta, evitando scorciatoie per terre selvagge e rischiose.
Durante il viaggio, grazie alle sue doti di cacciatore, Aldric non fece mancare abbondanti pranzi al gruppo. Al quindi giorno di viaggio, quando pensarono di essersi ormai persi, intravidero la fattoria in lontananza, ma prima qualcuno che si stava avvicinando a passo lento a loro. Il nano s’innalzò sulle briglie della cavalcatura per cercare di capire chi o cosa fosse e, dopo alcuni minuti, sembrò comparire un sorrisetto fra i folti peli che confermò con le sue parole: “È una femmina nana”, ma poi fu meno felice quando si accorse che era senza barba e quindi non era così attraente.
La nana di nome Frora si avvicinò e restò basita alla vista del gruppo disomogeneo, si fermò solo perché vi era un fratello nano. Rurik presentò a Frora l’amico elfo Carandir con cui aveva combattuto nella battaglia dei cinque eserciti ed era un elfo di cui si fidava. Passò quindi a raccontargli dell’umano Aldric, che lui e Carandir avevano trovato infante fra le rovine della battaglia dei cinque eserciti e che avevano accudito finché era diventato un forte guerriero. Indirizzò la mano aperta verso all’hobbit Odo, spiegandogli che era una delle prime persone che aveva conosciuto lasciata la miniera nei monti azzurri e che da allora erano buoni amici. Evitò di rivelargli che Odo aveva dell’ottima erba pipa, non voleva dire troppo ad una nana senza barba, ma che erano in missione per sconfiggere degli orchi glielo raccontò.
La nana Froa sembrò tranquillizzarsi ma denotava comunque inquietudine. Disse ai quattro che stava viaggiando per un’importante missione e che gli avrebbero fatto comodo dei valorosi ad aiutarla. “Sarò a Brea per qualche giorno”, disse loro. “Se volete sapete dove trovarmi”.
Lasciata la nana allontanarsi, col sole che si nascondeva dietro l’orizzonte, i quattro e la guardia di Brea ripresero il cammino e si avvicinarono alla fattoria, avvolta da un inquietante silenzio. Lasciati i cavalli legati agli alberi al margine dello steccato che delimitava la fattoria, si avvicinarono circospetti, preceduti da elfo e hobbit che sembravano volteggiare da quando avanzavano silenziosi. Raggiunta l’abitazione della fattoria, ebbero conferma che qualcosa di brutto era accaduto. C’era devastazione ovunque e all’interno il cadavere di un ragazzo trafitto da una lancia. L’elfo estrasse la lancia, la esaminò e attestò che si trattava di orchi. “Questa è una lancia orchesca”, affermò.
Col buio che stava prendendo il controllo del mondo, l’elfo salì al piano superiore di vedetta mentre gli altri chiusero le porte, ma l’elfo ritornò di sotto dopo poco, dicendo che una luce si era accesa alla torre Occhio di Rudaur e che qualcuno, tre individui, si aggiravano il boschetto prospiciente l’abitazione: “Tre umani”, specificò.
Sospettando che fosse la famiglia di Alfred, certi che se così fosse sarebbero stati spaventati e si sarebbero messi in fuga se fossero usciti a cercarli, il gruppo decise di attirarli facendogli capire che non avevano cattive intenzioni. Accesa una lampada, uscirono e si misero a scavare una tomba per il povero ragazzo ucciso dagli orchi. Non passò molto tempo che dalle fronde del sottobosco sbucarono tre donne. Accumulando coraggio, si avvicinarono e si presentarono come la madre di Alfred e le due sorelle, fra loro gemelle, e una era in attesa di un nascituro.
I quattro si presentarono e tranquillizzarono le donne, spiegando loro che li mandava Alfred e che Alfred era al sicuro a Brea. Sentendosi finalmente al sicuro, la madre di Alfred rivelò che nella boscaglia c’era ancora il padre del figlio che la ragazza portava in grembo.
L’umano Aldric si fece carico di proteggere le tre donne, le accompagnò in casa e accese il focolare. Odo e la guardia imboccarono nuovamente il sentiero in direzione del cancello della proprietà per recuperare i cavalli, elfo e nano s’infilarono nella boscaglia alla ricerca dell’uomo.
Giunto in prossimità dell’albero cui avevano legato i cavalli, Odo si bloccò, gli sembrò di aver udito un rumore, ma quando si voltò per cercare, non vide nulla e, fatte spallucce, si avvicinò alle briglie del cavallo. Fu in quel momento che due lupi uscirono dall’oscurità. Ringhiando e con le fauci in mostra, le due belve si avventarono su Odo e guardia, ma l’agitarsi dei cavalli spaventati salvò dall’agguato hobbit e umano che evitarono l’aggressione per un soffio.
Visti con chiarezza i denti dei lupi, Odo si arrampicò su una pianta e da altezza protetta, usò l’arco per scagliare frecce sulla bestia, mentre a gran voce, fra una scoccata e l’altra, chiedeva aiuto voltandosi verso la fattoria. Sotto di lui, la guardia combatteva con vigore, infliggendo ferite allo stesso lupo il cui corpo era trafitto dalle frecce di Odo.
Dalla casa, udite chiaramente le grida di Odo, Aldric si lanciò di corsa in direzione della cancellata. Senza curarsi a cosa stesse correndo incontro, sfoderò la spada. A pochi passi dal cancello, vide un lupo agonizzante con due frecce nel corpo e un secondo lupo che stava sopra alla guardia atterrata sul terreno umido. Sollevata la spada, Aldric inflisse un fendente all’ultimo lupo.
Ignari di cosa stesse accadendo alla fattoria, immersi nella fitta boscaglia, elfo e nano cercavano l’umano padre del nascituro. Svincolando fra alberi caduti e pietre taglienti, setacciavano ogni possibile nascondiglio, senza successo. Stavano per abbandonare l’impresa, quando l’acuta vista dell’elfo scrutò qualcosa. I due si avvicinarono accorti e scorsero l’uomo accucciato dietro ad un grosso albero. Impiegarono più tempo per convincerlo a seguirli, ma alla fine raggiunsero la casa insieme all’uomo proprio mentre Odo, Aldric e la guardia arrivavano portando con loro i cavalli.