Sessione 62 - Svolta

General Summary

Mentre Tiresio condivide con Raina qualche momento di tranquillità sgranocchiando qualcosa nella riservatezza della loro camera a "L'Ultimo Braciere", il resto del gruppo si raduna attorno all'oggetto rinvenuto da Karak nel giardino posteriore di Villa Janowitz cercando di capire di che cosa si tratta. Tra le dita artigliate del lucertoloide si trova infatti quello che pare un piccolissimo frammento appartenente a qualcosa di più grande. Dal diametro di circa due millimetri, esso sembra la quarta parte di un cerchio, per la precisione uno spicchio di quest'ultimo, caratterizzato da un margine convesso e circolare e da due lati retti formanti un angolo di 90 gradi. Sia tali tre lati che una strana linea arcuata compresa tra di essi che divide lo spicchio quasi in due parti uguali, non sono altro che una sorta di sottile intelaiatura d'argento inframezzata da spazi vuoti. Inoltre, in prossimità del punto d'incontro dei due lati retti, una piccolissima pietra preziosa bluastra, probabilmente uno zaffiro, vi è incastonata con grande cura e precisione. Il modo con cui l'intero frammento è stato creato e modellato e lo zaffiro lavorato, poi, fanno pensare ad un oggetto intero non solo frutto del minuzioso lavoro di un abile e dotato artigiano ma anche estremamente prezioso nonchè parte di un gioiello di maggiori dimensioni come un orecchino, un amuleto o un anello. "Non è qualcosa di comune", afferma Lucien osservandolo con attenzione, "non è qualcosa che potrebbe essere stato perso dalla servitù. O appartiene agli Janowitz o a qualche membro di un'altra famiglia nobile che magari ha fatto loro visita...o...". "...o l'ha perso l'assassino di Miria, portando qui il suo cadavere...", lo anticipa Karak con un sorriso. "Bè", interviene anche Goldrick, "è una possibilità, per quanto remota". Proprio in quel momento, però, mentre i tre sono intenti a scrutare l'oggetto riflettendo sulla sua natura e appartenenza, qualcos'altro attira improvvisamente la loro attenzione. Un corvo nero come la pece, infatti, sbucando dal nulla, plana ai margini del giardino appollaiandosi sul muro di cinta settentrionale che lo delimita. Illuminato debolmente dalle prime luci del sole mattutino, l'uccello, fissandoli in modo sinistro e intenso, gracchia rumorosamente più volte come per fare in modo di catalizzare i loro sguardi su di sè. L'echeggiare tutt'intorno del suo richiamo è in effetti così dominante nel silenzio dell'alba da attrarre e sbigottire i tre non solo per la sua vivacità ma anche per ciò che, ad un certo punto, sembra dire. Come già testimoniato da loro in passato, difatti, anche questo corvo, incredibilmente, pare alla fine pronunciare una parola. Una semplice e chiara parola che improvvisamente emerge dal suo schiamazzare come una figura dalla nebbia. "Pendaglio...pendaglio...!!", gracchia due volte con enfasi sbattendo le ali rumorosamente mentre si adagia planando e zampettando sull'erba umida del giardino. Un termine su cui i tre si trovano subito a riflettere dubbiosi e colti alla sprovvista, sia riguardo al suo significato che alle sue possibili implicazioni. Ma proprio in quei momenti di imprevista meditazione, accade qualcos'altro che li spiazza di nuovo, completamente. Dawnarn, infatti, immobile e silente fino ad allora, schizza come un fulmine volando verso il corvo, con becco ed artigli spianati, attaccandolo senza remore e apparentemente senza motivo. Quest'ultimo, resosi conto della minaccia, risponde all'aggressione difendendosi con le proprie armi. In un gracchiare tumultuoso e continuo e in un caotico sbattere d'ali, i due uccelli iniziano quindi una furiosa danza di violenza. I loro becchi ed i loro artigli si sfiorano e si graffiano a vicenda più volte mentre i due corvi, avvinti in una veemente lotta, si spostano freneticamente e casualmente per tutto il giardino, prendendo quota e poi tornando verso terra, rotolandosi uno contro l'altro anche ripetutamente tra le siepi e sull'erba bagnata. I tentativi di Lucien di richiamare e fermare Dawnarn si rivelano tutti vani. Il suo famiglio infatti sembra essere in quel frangente a tutti gli effetti fuori dal suo controllo, in preda ad un'ira tanto feroce quanto apparentemente studiata. Nella concitazione del momento, i tre decidono di intervenire per separare i due corvi e porre fine al loro scontro ma nel farlo stabiliscono anche di provare in qualche modo a controllare più da vicino e più attentamente il corvo ignoto, in cerca di eventuali spunti di interesse. Così, Goldrick, Lucien e Karak tentano per prima cosa di dividere i due uccelli e quando il loro obiettivo in qualche modo è finalmente raggiunto, il warlock cerca di bloccare magicamente il corvo misterioso. Il suo incantesimo di ipnosi però per qualche motivo non va a buon fine costringendo quindi il ladro ad intervenire a sua volta prima che l'animale, ormai divincolatosi dalla lotta con Dawnarn e vinto l'incanto, voli via. Il lucertoloide, quindi, prova a quel punto a fare qualcosa di assolutamente nuovo per lui. Qualcosa che sente di poter fare ora che la sua connessione con le ombre si è fatta più forte dopo ciò che è successo nell'abitazione di Teresa. Qualcosa che le ombre gli permettono adesso di fare. Un incantesimo. Un incantesimo di aria e vento, scaturito dall'ombra di Karak e dalle lunghe ombre che ancora lo circondano all'interno del giardino. Un'improvvisa e violenta folata quindi colpisce in pieno il corvo travolgendolo e spingendolo così nuovamente verso il basso, ad una quota alla quale lo stesso lucertoloide può facilmente giungere spiccando un balzo. Ciò, avvantaggiandosi del disorientamento e del precario equilibrio dell'uccello causati dall'inaspettato spostamento d'aria, permette a Karak di afferrarlo con entrambe le mani. Mentre a quel punto l'animale cerca di divincolarsi invano gracchiando in segno di protesta, il ladro lo osserva con attenzione non notando però nulla di particolare che lo riguardi. Nè alcun segno o marchio su di esso nè tantomeno alcun messaggio legato alle zampe. Niente di niente. Pertanto, d'accordo con i compagni che per il momento decidono inoltre di non chiedergli nulla riguardo questa sua nuova capacità, il lucertoloide apre di nuovo le mani lasciando andare l'uccello che, in pochi battiti d'ali e senza indugio, prende quota e scompare schiamazzando tra i profili dei tetti degli edifici vicini rischiarati dai primi raggi del sole. Dawnarn, dal canto suo, dopo aver osservato la scena in disparte, come se nulla fosse volteggia abilmente in aria andando a posarsi di nuovo sul gazebo, tornato apparentemente ad uno stato di assoluta calma. "Ma che aveva il tuo corvo?", chiede Goldrick perplesso al warlock. "Davvero non lo so...", replica Lucien scrutando sbigottito e al tempo stesso incuriosito il proprio famiglio che a sua volta lo fissa adesso in modo anonimo inclinando la testa, "non capisco...ha ignorato i miei ordini...". Un profondo e improvviso silenzio scende a quel punto in quell'angolo del giardino. Un silenzio carico di incertezza e dubbi. Ognuno dei tre, infatti, si trova a riflettere intimamente su qualcosa di diverso ma altrettanto importante. Mentre infatti Lucien ragiona sul perchè Dawnarn abbia agito in quel modo ipotizzando che sia stato spinto probabilmente dalla volontà del suo patrono al quale sembra indissolubilmente e irriducibilmente legato fin dalla sua comparsa, Goldrick riflette sulle saltuarie apparizioni di quegli strani corvi parlanti che paiono in qualche modo tentare di aiutarli nelle loro vicissitudini. Le loro complesse e articolate meditazioni, però, vengono spazzate via qualche istante più tardi dalla risoluzione dell'elucubrazione nella quale è a sua volta impegnato Karak, che a differenza loro sembra venirne a capo. "Ecco dove l'avevo già visto!! Si, adesso ricordo!!", esclama quasi gridando con un sorriso sulle labbra. L'attenzione che immediatamente i due compagni gli rivolgono mettendo per il momento da parte le proprie riflessioni e avvicinandosi a lui, lo spinge a chiarire quella sua frase. "Sono sicuro!", continua quindi il ladro, "Questo è identico ad un pezzo di un oggetto che abbiamo già visto. Un cerchio con queste strane linee ed uno zaffiro al centro, anche se era molto più grande di così. Era un ciondolo, indossato al Gran Ballo dalla donna vestita di rosso, dall'abito scollato! Ricordate?". A quelle parole, facendo uno sforzo di memoria, entrambi i suoi compagni dopo qualche attimo ricollegano in effetti nelle proprie menti l'immagine dell'attraente donna di mezz'età con il ciondolo da ella indossato. Un elegante e particolare pendaglio in argento esibito al centro del petto, dal diametro di 5 o 6 centimetri. In quel caso però l'oggetto era completo oltre che più grande e ciò fa ritenere ai tre che quello in loro possesso non sia altro che il frammento di uno stesso simbolo raffigurato però in dimensioni minori probabilmente su qualche altro tipo di gioiello. "...è vero...un pendaglio...come ha detto il corvo...il suo era un suggerimento per farci arrivare a questa conclusione...", afferma Goldrick pensieroso, scrutando gli altri e tornando inevitabilmente a riflettere sul messaggio dell'animale. Nel frattempo, a "L'Ultimo Braciere", Tiresio continua a raccontare a Raina i recenti viaggi del gruppo mentre i due sgranocchiano qualche vecchia razione di cibo. "Le tue storie sono piacevoli, Tiresio", esclama Raina divertita, con un sorriso che poi diventa amaro, "ma non posso dire lo stesso di questa roba....fa schifo!!", conclude, gettando un pezzo di carne secca mangiucchiata nel caminetto scoppiettante. Poi, alzandosi dalla sedia, la cantastorie si stiracchia la schiena, le braccia e le gambe rattrappite dopo tutto quel tempo a sedere, socchiudendo gli occhi con una smorfia mista di fastidio e sollievo. "Bè, è stata comunque una nottata piacevole", continua notando come Tiresio si avvicini preoccupato alla finestra della camera e realizzando come ormai l'alba sia in corso, "sebbene io abbia ancora fame...cosa ne dici di andare a fare una colazione come si deve nella sala comune? Oramai è mattina...". L'annuire del bardo fa quindi sì che i due si preparino e vestano per affrontare l'imminente giornata e, pochi minuti dopo, Tiresio e Raina sono già seduti ad un piccolo tavolo al piano terra consumando una copiosa prima colazione. "Sei preoccupato per loro, vero? Per i tuoi amici...si vede", esclama ad un certo punto la cantastorie mentre mastica una fetta di un dolce alle mandorle fissando il bardo, "vai pure da loro, io starò bene. Non è necessario che mi controlliate giorno e notte. Rimarrò qui nella sala comune fino al vostro ritorno. Con tutta questa gente nessuno mi farà nulla!". Tiresio, a quelle parole, pare come uscire da una sorta di angosciato torpore in cui si trova fin da quando si è reso conto del sorgere del sole. La mancanza di notizie ormai da diverse ore da parte dei suoi compagni, infatti, lo impensierisce non poco. Il ragazzo soppesa quindi la situazione mentre si guarda intorno notando effettivamente come i tavoli della locanda, occupati per più della metà, ospitino numerosi avventori che rendono la sala vivace e briosa. "Coraggio, muoviti!!", lo sprona ancora una volta Raina con un sorriso. "Va bene", replica alla fine il bardo decidendo di dare ascolto a lei e ai propri timori, "ma mi raccomando, rimani qui e stai attenta!! Torneremo il prima possibile". "Ma certo!", lo rassicura la cantastorie sorridendogli di nuovo. Così, annuendo e salutandola, Tiresio si avvia verso l'uscita della locanda ma nel farlo cerca e trova con lo sguardo Eike, come al solito indaffarata a servire ai tavoli. Avvicinandosi a lei, il bardo le rivolge la parola a bassa voce, non volendo farsi sentire da nessuno. "Posso chiederti un favore, Eike? Potresti tenere d'occhio la mia amica a quel tavolo laggiù fin quando non tornerò? Sai, è nuova di Sturben e non vorrei si cacciasse nei guai. Potresti assicurarti che non esca dalla locanda?". "Certo, come volete, signore!!", replica la giovane annuendo mentre lancia un'occhiata a Raina assicurandosi di individuarla e riconoscerla tra la folla dei presenti. "Ti ringrazio", conclude quindi Tiresio scambiandosi un ultimo saluto con la cameriera per poi lasciare definitivamente la locanda. Varcato l'ingresso, il bardo si getta perciò da solo per le strade della cittadina, fredde, deserte ed ancora in parte buie nonostante i raggi del sole le stiano sempre più illuminando. Diretto, a passo svelto, verso nord. Verso Villa Janowitz dove, intanto, gli altri, concentrandosi adesso sulla donna in rosso, ricordano un ulteriore particolare a suo riguardo. Il più importante. "Si chiama Nadya, Nadya Golofkin, mi pare", sottolinea Goldrick, "ho persino parlato con lei. Mi ha chiesto se Jascha fosse morto...". "Non ne sappiamo molto, a parte il fatto che probabilmente si è presentata al Gran Ballo con il figlio. Quel ragazzo biondo dalla parlantina sciolta...", aggiunge Lucien, "dovremmo chiedere di lei agli Janowitz o a qualcun altro. O forse, finché non siamo assolutamente sicuri del suo coinvolgimento in questa storia, sarebbe più opportuno non nominarla a Vladimir. La cosa potrebbe condizionarlo negativamente e non farlo agire obiettivamente". L'annuire a quel punto dei compagni, d'accordo con il warlock, consiglia loro un approccio cauto a quella scoperta ed ai metodi per approfondirla. Ma proprio quando i tre stanno per iniziare a discutere dei dettagli in proposito, realizzano che Tiresio li ha a sua volta appena raggiunti. Nello spiegare che Raina sta bene e si trova al sicuro e in buone mani alla locanda ad aspettarli, il bardo inevitabilmente chiede agli altri cosa sia accaduto nel momento in cui scorge con sgomento il corpo di Miria sul pavimento del gazebo. Goldrick, Karak e Lucien lo ragguagliano quindi in proposito spiegandogli e raccontandogli nei particolari gli eventi verificatisi e gli indizi raccolti, compreso il frammento di gioiello rinvenuto da poco, oltre che le parole di Vladimir. Così, con la situazione adesso chiara a tutti, i quattro iniziano a discutere insieme sulle loro prossime mosse arrivando infine, dopo qualche minuto, ad una precisa pianificazione. Tiresio, coadiuvato da Karak ed utilizzando la pergamena incantata da loro sottratta al necromante, eseguirà un rituale in grado di reperire informazioni attraverso una breve e comunque limitata conversazione con il cadavere di Miria. Un incantesimo potente ed inquietante al tempo stesso, in grado di trascendere le leggi dei mortali, dal quale però il gruppo spera di ottenere nuovi ed utili spunti. Contemporaneamente, Lucien e Goldrick andranno a parlare con gli Janowitz come richiesto da Vladimir. Pertanto, stabilito come procedere, i quattro si dividono nuovamente. Mentre il ladro e il bardo portano il cadavere nella rimessa dove sperano di avere la giusta tranquillità e riservatezza per eseguire il rituale senza essere interrotti e lontano da sguardi indiscreti, il paladino e il warlock rientrano nella villa raggiungendone il salone. Qui vi trovano Vladimir e Vera, abbigliati con delle eleganti vesti da notte, che li attendono pensierosi e inquieti davanti allo scoppiettare di un caldo caminetto. "Allora", esordisce subito il capofamiglia, quasi senza dare loro nemmeno il tempo di sedersi sulle poltrone lì accanto, "raccontateci tutto". Lucien, a quel punto, prende la parola iniziando a spiegare loro quanto scoperto. I segni sul corpo di Miria, la sospetta dinamica del suicidio nonché le motivazioni dello stesso. "Proprio a questo riguardo, vorrei chiedervi", continua il warlock, "è plausibile che Miria fosse già a conoscenza degli eventi del ballo? Nel biglietto che ha lasciato fa riferimento anche ad essi...". "Purtroppo, si, è verosimile", replica Vladimir impassibile, "non avrebbe dovuto in realtà ma con molta probabilità tutta la nostra servitù ne è venuta a conoscenza al nostro ritorno qualche ora fa. Direi che i cocchieri presenti al ballo possono in qualche modo aver appreso tutto e spettegolato poi al loro rientro qui alla villa...". L'annuire di Lucien, a quel punto, è contemporaneo al ragionamento che nasce nella sua mente e che trova riscontro. Il momento della morte di Miria coincide a grandi linee con l'ora in cui gli Janowitz hanno fatto ritorno dal ballo a dimostrazione del fatto che l'omicida, della cui esistenza il gruppo è convinto, è stato particolarmente attento anche a quell'aspetto. "Più tardi", cambia poi discorso il warlock, "dovremmo chiedere alla servitù, e magari anche ai bambini e a Magda, se la scrittura sul biglietto che abbiamo trovato possa essere effettivamente quella di Miria". "Ma certo", risponde ancora Vladimir, annuendo a sua volta. "Comunque sia, come vi abbiamo già detto", continua Lucien, "siamo dell'opinione che non si tratti di suicidio. Ma ovviamente dovremmo verificare e approfondire la cosa, in particolare sulle sue precise modalità e sul suo autore. Tiresio e Karak stanno già provvedendo a questo". "Dovremmo interrogare anche il resto della servitù", aggiunge Goldrick sporgendosi in avanti sulla sua poltrona, "per chiarire se qualcuno di loro ha notato qualcosa. Uno strano comportamento da parte di Miria non solo recentemente ma questa sera stessa. Ed anche come e quando si è allontanata dal dormitorio comune degli inservienti". "Ovviamente", ribadisce il capofamiglia con espressione seria, "tutti si metteranno a vostra completa disposizione, com'è stato finora del resto. A parte ciò, avete scoperto altro? Non siete rimasti là fuori per poco, suppongo che ci sia dell'altro oltre alla vostra alacrità...". I due, scambiandosi uno sguardo d'intesa, decidono a quel punto di attenersi al piano, rivelando con parsimonia e cautela le loro ultime scoperte. "Si, c'è altro", confessa Lucien, "un dettaglio in particolare. Il frammento di un oggetto, un gioiello probabilmente, che potrebbe appartenere all'assassino. Per questo devo chiedervi, qualcuno di voi ha recentemente perso una pietra preziosa nel giardino retrostante la villa? O magari un vostro visitatore od ospite?". Vladimir e Vera, a quelle parole, si guardano per qualche istante con espressione pensierosa ed interrogativa prima che la donna scuoti la testa in segno di diniego. "No, direi di no", risponde quindi il capofamiglia, "nessuno di noi ha perduto nulla. Oltretutto, come capirete data la situazione, nelle ultime settimane non abbiamo ricevuto visite. Inoltre, la servitù si occupa della pulizia e della manutenzione del giardino quotidianamente. Si sarebbero certamente accorti di una cosa del genere. Deve trattarsi di qualcosa avvenuto di recente. Molto recente. Posso chiedervi la natura dell'oggetto e se avete già un'idea su chi possa essere il proprietario?". A quella domanda, i due si irrigidiscono. Pensavano e speravano di non arrivare al punto da negare ai loro committenti un'informazione importante riguardo la missione ma giunti a questo momento, Goldrick e Lucien comprendono di non avere molta scelta. Attenersi al piano, infatti, implica mentire o non rispondere a quella domanda, aggirandola. Nel frattempo, all'interno della rimessa, Karak ha adagiato il corpo di Miria su un grande tavolo di legno e Tiresio ha approntato tutti i preparativi del caso per l'esecuzione del rituale. In un ambiente ancora immerso in un'oscurità che però va via via diminuendo progressivamente grazie al filtrare dei raggi del sole dalle strette e chiuse finestre, il bardo accende la sua candela, illuminando con una tinta bluastra una piccola area intorno a loro. Poi, dopo aver scambiato un cenno d'intesa con Karak che dal canto suo è affascinato, curioso e ansioso di capire come sia possibile parlare con un morto, Tiresio srotola la pergamena pronunciando attentamente con voce chiara e scandita le parole magiche ivi scritte. Queste si susseguono una dopo l'altra in una sorta di strana e inquietante cantilena che va a permeare l'intera stalla, innervosendo leggermente anche i cavalli lì presenti. Dopo che pochi istanti più tardi l'ultima parola della formula si esaurisce disperdendosi in un'eco fredda e anomala, qualcosa accade. Mentre la luce bluastra della candela si scuote e oscilla per un attimo diminuendo d'intensità, infatti, dalle labbra di Tiresio sorge e si espande una misteriosa nebbia grigiastra, come un respiro visibile ad occhio nudo. Un respiro che si estende nell'aria circostante e che, dopo aver ondeggiato e vacillato a mezz'aria, si protende e allunga lentamente verso il cadavere della donna, dilatandosi su di esso e coprendolo completamente come un sudario d'argento. A quel punto, la pergamena si sbriciola diventando niente più che cenere tra le dita del bardo e allo stesso tempo il velo scompare dopo aver esitato per qualche istante sul corpo di Miria come per prenderne la forma. Svariati attimi di silenzio calano quindi in quell'angolo della villa, attimi di attesa e anticipazione per quello che sarà la riuscita e l'effetto dell'incanto, durante i quali i due compagni fissano il cadavere intensamente, senza fiatare. Poi, all'improvviso, il corpo della donna inizia a contrarsi in uno spasmo caotico e furioso. I suoi muscoli e le sue membra vibrano e si tendono ripetutamente mentre la sua schiena si inarca e i suoi occhi e la sua bocca si spalancano in una contrazione innaturale e surreale. La scena fa sobbalzare Karak che però contemporaneamente nota un altro particolare. La sua ombra si sta in qualche modo e lentamente ingrandendo, avvolgendolo su ogni lato. Essa, infatti, a differenza di quanto avvenuto in precedenza al momento della scoperta del cadavere di Miria quando era apparsa intimorita nascondendosi quasi alle spalle del lucertoloide, adesso sembra protendersi verso il corpo. Come qualcuno che è incuriosito e interessato da ciò che sta avvenendo di fronte a sè. Il ladro realizza come essa si espanda sempre più, proiettando sulle pareti vicine, attraverso la luce bluastra della candela di Tiresio, una sua sagoma enorme e in parte distorta dando vita ad una figura anomala e torreggiante non solo su di lui ma anche sul cadavere della tutrice e sul bardo. Una sagoma dalle dimensioni spropositate e sproporzionate. Nonostante ciò, tuttavia, la cosa non è sufficientemente strana e sbalorditiva da distrarlo da quello che in quel momento invece accade a Miria e il lucertoloide torna quindi a fissare quest'ultima con la massima attenzione quando ella inizia a spalancare e contrarre ancor più la bocca come per apprezzarne di nuovo la presenza e prepararsi a parlare, producendo un gemito gutturale e animalesco. Le sclere bianche prive di pupilla della donna, inoltre, le danno adesso un aspetto quanto meno minaccioso mentre, al tempo stesso, ella giace immobile come in attesa di qualcosa. A quel punto, senza indugio anche se un pò teso, Tiresio inizia a parlare. "Pensiamo bene a quali domande farle", dice rivolto a Karak, "ne abbiamo solo cinque a disposizione". A quelle parole, i due iniziano a ragionare su come procedere mentre il cadavere rimane contratto e in silente sospensione, disteso sul tavolo. Alla fine, dopo qualche minuto, i due pongono le domande che ritengono più importanti oltre che quelle di cui è più probabile la tutrice conosca le risposte. Così, attraverso la voce ansimante e rauca della donna che comunque risponde in maniera elementare e lapidaria, essi vengono a sapere di come ella non abbia visto chi l'ha uccisa ma che comunque sia stata rapita e tenuta da qualche parte prigioniera per diversi giorni, dove è stata obbligata a rispondere a numerose domande riguardanti lei stessa e il suo lavoro presso gli Janowitz prima di venire strangolata. A quel punto, sempre più incuriositi e desiderosi di carpire ulteriori dettagli, i due pongono infine al cadavere l'ultima domanda. "Hai mai sentito nominare Magda? Il tuo assassino l'ha mai nominata?", le chiede il bardo ansioso di conoscere la risposta. "....n....n-no....", replica la donna con voce spezzata, aspirata e più profonda rispetto a quella avuta in vita, come se provenisse direttamente dall'oltretomba. Tuttavia, la sua piccola pausa nel parlare colpisce e fa riflettere sia Karak che Tiresio. I due si guardano perplessi e in silenzio l'un l'altro mentre si chiedono se quell'esitazione sia stata frutto soltanto di una loro impressione errata. O se magari ci fosse dell'altro. E così rimangono, dubbiosi e indecisi, anche quando pochi istanti dopo, il corpo della donna torna a giacere abbandonato e molle sul tavolo di fronte a loro con gli occhi e la bocca di nuovo serrati, la candela del bardo si spegne e l'ombra di Karak si perde nella semioscurità che torna ad avvolgerli. Intanto, nel salone della villa, Lucien cerca di resistere all'incalzare di Vladimir che si fa via via più pressante ai tentativi del warlock di non scendere nei dettagli rivelando il nome che l'uomo vuole invece sentirsi dire. "Mi creda", sottolinea il mezzelfo, "le nostre sono solo supposizioni. Non abbiamo elementi per credere che quel frammento, forse di un anello, un orecchino o un ciondolo, possa realmente appartenere all'assassino". "Credo che ce lo dobbiate, invece", prosegue il capofamiglia, sempre più irritato, "dovete rivelarci quel nome. E' il minimo. Siamo i vostri clienti, dopotutto". Mentre il compagno e Vladimir sono intenti in una conversazione sempre più tesa, Goldrick si trova ad osservare Vera Janowitz, insolitamente silenziosa e distratta. Seduta sul divano accanto al marito, infatti, la donna stringe in mano un bicchier d'acqua dal quale ha bevuto più volte dal loro arrivo, tenendosi per gran parte del tempo una mano sulla tempia e massaggiandosela, spesso con gli occhi socchiusi. La sua espressione sofferente e le vistose occhiaie sotto agli occhi, fanno capire al paladino come essa non stia per niente bene. Ma oltre a ciò, lo spingono anche ad effettuare una supposizione peculiare ed azzardata, per quanto secondo lui verosimile. La donna infatti è stanca e provata ma anche assonnata e probabilmente con un particolarmente doloroso mal di testa. "Non sembrava in queste condizioni qualche ora fa...", pensa tra sé e sé Goldrick, "potrebbe non aver dormito e aver passato una brutta nottata rimuginando su quanto accaduto al ballo, però...non ha riposato...e ha un mal di testa inusuale...proprio come me...". A quel punto, però, una velata minaccia da parte di Vladimir riporta improvvisamente la mente e l'attenzione del paladino alla discussione che il compagno sta avendo con il capofamiglia degli Janowitz. "Siete a conoscenza di quel nome, ditecelo. Non ve lo ripeterò una seconda volta", afferma senza esitazione l'uomo, costringendo quindi Lucien, pur con grande titubanza, infine a rispondergli contravvenendo al loro piano. "Va bene, ma la prego di considerare tutte le incognite del caso e la mancanza di certezze in proposito", confessa il warlock, aggiungendo poi, "abbiamo visto un oggetto identico, anche se più grande, al collo di Nadya Golofkin". A quelle parole, la solita e quasi imperturbabile espressione di Vladimir lascia trasparire una strana smorfia. Una smorfia che i due non riescono completamente a decifrare. Una smorfia che pare la fusione di molte emozioni differenti tra di loro, sebbene tutte profondamente negative. Risentimento, odio, disgusto, ostilità e persino desiderio di rivalsa. Anche Vera sembra travolta da tali sentimenti benché in lei sembra essere decisamente più pronunciata la disperazione nonché il timore mentre si volta a fissare negli occhi il consorte, silenziosamente. Nel teso e cupo silenzio che avvolge a quel punto il salone, interrotto soltanto dall'irregolare scoppiettare e sfrigolare del caminetto, una voce ignota interviene improvvisamente nella discussione. "E' il momento, fratello mio", esclama di colpo una voce femminile mai sentita prima, voce che spinge Lucien e Goldrick a voltarsi di scatto verso la sua origine. E' solo in quel frangente che i due realizzano come una figura sia in piedi accanto alla porta semiaperta, una figura che ha appena fatto un passo all'interno della stanza senza che nessuno dei presenti se ne accorgesse. Una donna sulla tarda trentina, di media statura, snella e con indosso un elegante e costoso lungo abito amaranto e una collana con un cerchio d'oro e un rubino al centro. Dai lunghi e leggermente mossi capelli castano scuri che le ricadono sulle spalle, i taglienti occhi grigio-azzurri, le labbra serrate, il trucco appena accennato, gli zigomi alti e il mento pronunciato, l'attraente nobildonna ricorda molto nei lineamenti il presente Vladimir Janowitz. E proprio a lui ella sembra essere rivolta quando pochi attimi dopo, mentre Goldrick e Lucien ipotizzano possa trattarsi della fin qui misteriosa Sonya Janowitz, sorella minore di Vladimir stesso, la donna, con espressione seria e indecifrabile, aggiunge altre enigmatiche parole. "E' il momento di raccontare loro cosa è accaduto dieci anni fa...".

Character(s) interacted with

Raina, Eike, Vladimir Janowitz, Vera Janowitz e Sonya Janowitz

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Campaign
La Valle delle Foglie Cadute
Protagonists
Report Date
02 Nov 2024
Primary Location
Sturben