Sessione 40 - Nelle fogne di Sturben
General Summary
Diviso e sparpagliato dall'imprevedibile evolversi degli eventi, il gruppo cerca di riunirsi nel sottosuolo, nelle profondità del mausoleo della famiglia Anchev. Mentre Karak e Goldrick ne discendono le scale giungendo nella camera principale della struttura a poca distanza da Lucien, Tiresio studia un modo per infiltrarsi a sua volta in essa eludendo gli sguardi dei due sacerdoti di Ezra. Il bardo, infatti, rimasto sulla strada adiacente al confine occidentale del cimitero fingendosi un miliziano di ronda, scruta da lontano la coppia di chierici allontanarsi nella nebbia. Essi, dopo aver scambiato con lui qualche rapida battuta, lo hanno salutato e hanno difatti ripreso a muoversi lungo il sentiero al di là del muretto del camposanto, portandosi verso sud. Ben presto, non solo le loro sagome ma anche la già fioca luce della loro lanterna inizia a scomparire tra la foschia grigiastra lasciando dietro di sè nient'altro che un Tiresio indeciso sul da farsi. Ma proprio quando le due figure stanno per venire inghiottite dalla bruma, il bardo, grazie al silenzio che lo circonda, riesce a percepire qualche parola sussurrata tra i due. "Allora, se ne è andato? Lo vedi?", chiede il primo sottovoce, al quale subito dopo il secondo replica voltandosi verso la direzione in cui si trova Tiresio "No, ma è meglio non rischiare...temporeggiamo un pò...". Ciò, inevitabilmente, insospettisce il ragazzo. Perché i sacerdoti non vogliono farsi vedere da un miliziano? Cosa devono fare? Cosa nascondono? Queste sono solo alcune delle domande che sorgono nella mente del bardo ma insieme ad esse vi nasce anche un pensiero, nel momento in cui egli comprende che i due hanno superato la zona centrale del camposanto proseguendo a passo lento verso l'ingresso meridionale. "Forse posso farcela", riflette il giovane, "posso sfruttare il loro tergiversare e la copertura data dall'oscurità della notte e dalla nebbia per entrare nel mausoleo". Così, senza pensarci troppo e senza indugiare, Tiresio si fionda nel cimitero scavalcando il muricciolo. Guizzando con agilità sull'erba umida tra le tombe mentre tiene d'occhio a distanza nella foschia la luce della lanterna della coppia di uomini, ossia l'unica cosa che adesso gli permette di capire dove essi si trovano, raggiunge in pochi passi l'entrata del mausoleo. Notando che il cancello di ferro di quest'ultimo è accostato ma non chiuso con catena e lucchetto, il bardo lo spalanca ed entra nell'edificio proprio nel momento in cui le sagome dei chierici iniziano a prendere forma lungo un sentiero ad est. Realizzando che essi devono aver fatto una sorta di "giro" perlustrativo del camposanto e che presumibilmente a breve ne raggiungeranno il centro dove egli si trova, Tiresio richiude velocemente il cancello dietro di sè limitandosi tuttavia soltanto ad accostarlo di nuovo e poi, supponendo che i suoi compagni si trovino nelle viscere della struttura, corre giù per la scalinata che si apre davanti a lui. Tutto ciò cercando di non essere nè visto nè sentito, mentre le fredde voci nella sua testa tornano a sussurrargli, stavolta di "fare in fretta...". Pur comprendendole, però, il bardo questa volta non le considera troppo, concentrato com'è sul raggiungere i compagni cercando nel frattempo di passare inosservato. Percorsa la prima rampa di gradini in discesa, tuttavia, egli si ferma di colpo nel buio, schiacciandosi contro una parete e trattenendo il respiro. Prima di proseguire infatti vuole essere sicuro che i chierici non notino la catena ed il lucchetto aperti sul cancello e che magari, insospettiti, scendano a controllare nel mausoleo. Perciò, immobile ed in silenzio, il bardo rimane in ascolto. E purtroppo, trascorsi pochi istanti, le sue paure diventano realtà. I sacerdoti, infatti, iniziano a parlottare preoccupati tra di loro dopo aver scoperto il lucchetto aperto ed alla fine decidono di scendere a loro volta nel sotterraneo, volendo accertarsi che nessuno si sia avventurato là sotto ma anche, e soprattutto, perché comunque devono "svolgere il loro lavoro". Sebbene sia sempre più incuriosito dalla misteriosa mansione a cui la coppia di chierici sembra essere stata addetta, Tiresio sa di avere un'altra priorità, non avendo tempo da perdere. Deve avvisare i suoi compagni dell'imminente arrivo dei sacerdoti. Così, mentre questi ultimi paiono organizzarsi per imboccare le scale, egli riprende a sua volta a scenderle con celerità cercando comunque nel frattempo di fare il minimo rumore possibile. In pochi attimi, raggiunge la camera principale del mausoleo e, pur rimanendo per un istante rapito da quella vista, anche in questo caso non si ferma a mirarla ma prosegue invece oltre di essa, imboccando rapidamente il corridoio sull'altro lato. Una volta giunto lì, nota una luce provenire dalla sua estremità settentrionale ed alcune voci sussurrare tra di loro. Ipotizzando e sperando di aver finalmente ritrovato Goldrick, Karak e Lucien, il bardo si precipita nella loro direzione. Quando effettivamente li raggiunge poco dopo, mentre essi lo accolgono con un sospiro di sollievo, la sua attenzione viene però inevitabilmente attratta dal muro crollato e dalla galleria grossomodo circolare che si apre alla sua sinistra. Avvicinandosi ad essa con sguardo interrogativo e passo cauto, Tiresio viene assalito dal fetore di fogne che ne fuoriesce. A quel punto, un pensiero prende forma nella sua mente. Lo stesso cha prima di lui hanno avuto tutti i suoi compagni. "Non ditemi che...è QUEL tunnel?", esclama sbalordito rivolto agli altri. "Potrebbe...si", risponde il paladino fissando a sua volta la buia galleria davanti a loro, "potrebbe esserlo. L'ha pensato Lucien per primo e poi anche noi non appena l'abbiamo visto... Potrebbe effettivamente essere il cunicolo che conduce alle fogne che ho sognato. Sarebbe il collegamento con il Caso Novak che speravamo di trovare, anche perché...". Il paladino però non conclude la frase, indicando invece il sarcofago aperto alla loro destra, privo di cadavere. Senza bisogno di aggiungere altro, in effetti, il ragionamento in precedenza comune solo ai tre pervade in quel frangente anche Tiresio. Sebbene vi siano infatti più sarcofaghi in quel corridoio, solo uno, quello che ospitava il corpo più "recente", è stato svuotato del suo contenuto. E non è difficile comprenderne il motivo. "I necromanti dovrebbero preferire i cadaveri più freschi", aveva detto Lucien. A ragione, a quanto pare. Il tutto rafforzato da un ulteriore indizio ovvero impronte di terra sul freddo pavimento di pietra che ricordano proprio quelle degli Artigli. Pur investito da tutte quelle nuove informazioni e deduzioni, tuttavia, il bardo non si perde in esse ma rimane ben saldo alla criticità del momento. Mettendo tutto ciò da parte, infatti, mette al corrente gli altri dell'imminente arrivo dei due sacerdoti ed il gruppo, sapendo di dover fare in fretta, prende alla fine una decisione. Rinunciando a parlare con essi o addirittura ad immobilizzarli in qualche modo, Goldrick, Karak, Lucien e Tiresio scelgono di andarsene da lì seguendo l'unica via percorribile, ovvero infilandosi uno dopo l'altro nello stretto e buio cunicolo. Così, quando la coppia di chierici giunge infine nel corridoio all'imbocco della galleria, i quattro sono ormai avanzati diversi metri in profondità e muovendosi nelle tenebre riescono a gattonare via senza essere individuati. Il paladino, tuttavia, ultimo della fila, è in grado di sentire i due scambiare qualche battuta prima di allontanarsi. "Hai visto?", esclama uno di loro, "alla fine non c'è nessuno quaggiù. Ti sarai semplicemente dimenticato di chiudere la catena". "Va bene, va bene", taglia corto l'altro, "facciamo il nostro lavoro adesso. Chiudiamo quel buco". Tali parole si ricollegano subito nella mente di Goldrick ad un altro punto in sospeso che lo ha incuriosito in quel sotterraneo dopo averlo notato su indicazione di Lucien. "Ecco a cosa servivano quei sacchi e quegli strumenti da manovale", conclude il paladino, "sono stati incaricati di richiudere il muro". Realizzando ciò, tuttavia, dopo un breve attimo di esitazione, Goldrick riprende comunque a seguire i compagni. Quella scoperta infatti non cambia l'attuale situazione sebbene contribuisca ad aumentare l'alone di mistero attorno al clero di Ezra e la sua eventuale collaborazione con il necromante. Perciò il paladino si accoda agli altri continuando a percorrere la galleria. Quest'ultima, dopo una leggera svolta a sinistra, prosegue abbastanza dritta, presumibilmente verso ovest ed il gruppo è costretto a seguirla. Muovendosi carponi e a fatica nel tunnel dalle pareti irregolari e largo poco più di un braccio, i quattro vengono assaliti ogni istante di più dall'odore di terra profonda e da quello inconfondibile delle fognature che paiono avvicinarsi mentre affondano con le mani nel terreno e nel fango freddi ed umidi del tunnel. Scansando grandi radici nodose di piante lungo le pareti e la somità della galleria, essi avanzano nelle tenebre guidati dagli occhi di Lucien e Tiresio che fanno da apripista per gli altri. Karak e Goldrick infatti non riescono a vedere quasi nulla lungo il percorso sebbene anch'essi notino in un paio di punti altri crolli che sembrano aver completamente occluso bivi e snodi del tunnel, diretti chissà dove. Alla fine, dopo svariati minuti di lenta processione in fila indiana, il gruppo viene investito da un tanfo insopportabile nel momento in cui la galleria si apre in un ambiente più vasto. Dopo averne controllato la relativa sicurezza, i quattro vi mettono piede. A stento riescono a trattenere conati di vomito accedendo a quel luogo il quale, non appena essi si affrettano ad accendere le loro lanterne soprattutto per il paladino ed il ladro, diviene a tutti visibile. Una stanza quadrata di dimensioni modeste, in pietra e mattoni e dal soffitto a volte, il cui pavimento si trova a circa un metro e mezzo al di sotto dell'apertura del cunicolo. La zona centrale della camera, però, è occupata da una vasca ricolma di acqua scura e nauseabonda e lungo tutto il suo perimetro vi è uno stretto bordo, sollevato di pochi centimetri rispetto alla superficie dell'acqua poco mossa. Varie tubature e canali di scolo riversano nella vasca altri liquidi maleodoranti e dall'altra parte della stanza, oltre un'apertura ad arco ed un cancello in ferro arrugginito semiaperto, pare esservi un passaggio. Alla luce delle lanterne, dopo essersi guardati attentamenti intorno, tutti rivolgono istintivamente lo sguardo a Goldrick. E' sufficiente un cenno di assenso del paladino per rispondere alla domanda che tutti implicitamente gli fanno in quel momento. La stanza nella quale si trovano è proprio quella del suo sogno. Le loro ipotesi si sono rivelate corrette. Ottimisti a questo punto sull'essere sulla buona strada ma anche guardinghi su cosa potrebbe attenderli lungo di essa, il gruppo cerca di riorganizzarsi riflettendo su come proseguire. Nel farlo, mentre si ragguagliano reciprocamente su tutto e in particolare su quanto origliato da Goldrick che va a collegarsi con l'attrezzatura presente nel mausoleo e la "mansione" dei due chierici di Ezra che Tiresio aveva orecchiato, quest'ultimo coglie l'opportunità, su richiesta di Lucien, di esaminare il monocolo rinvenuto dal warlock. Pur non potendo apprenderne le peculiarità nel dettaglio, il bardo è però sicuro si tratti di un oggetto dalle proprietà magiche oltre che prezioso. Un oggetto per di più che richiede probabilmente un processo di "sintonizzazione" per poter essere usato, ovvero una specie di rito in grado di legarlo ad un utilizzatore. Inoltre, sulla fascia interna del monocolo, proprio sotto la lente, Tiresio vi scopre una piccola scritta in bei caratteri eleganti. "Potrai vedere ogni cosa", recita l'incisione. Incuriositi dall'oggetto, i due sanno però di non avere tempo per approfondirne la natura, essendo necessaria un'analisi che in questo momento il bardo non può fare. Così decidono di occuparsene in un altro e più tranquillo momento, concentrandosi adesso sul presente. I due si riuniscono quindi ai ragionamenti di Karak e Goldrick notando nel frattempo come la galleria sembra essere stata scavata quasi con rabbia e poca precisione a partire da questa estremità scaraventando i mattoni e le pietre della parete un pò ovunque. Alla fine, tutti insieme, i quattro decidono che l'unica cosa da fare è proseguire su quella pista sfruttando una scia di terra e fango che dalla galleria si allontana lasciando la stanza e continuando poi oltre l'arco e il cancello. Una scia di impronte simili, ancora una volta, a quelle degli Artigli, unite a strani segni di trascinamento. Prima però, Goldrick, Karak, Lucien e Tiresio vogliono capire dove si trovano nelle rete fogniaria della città. Tuttavia le informazioni che hanno sono troppo poche e frammentarie per farsene un'idea e perciò optano per proseguire comunque nel cammino ma con un'esplorazione di ampio respiro in modo da avere più punti di riferimento possibile utili a triangolare la loro esatta posizione. Con Karak primo della fila e con in mano la sua lanterna a rischiarare la via, il gruppo prende quindi a muoversi lungo un breve corridoio che poi si apre in un'ampia galleria sotterranea immersa nelle tenebre. Una galleria grossomodo circolare dal raggio di 3 metri circa, interamente in pietra e mattoni, con al centro un largo canale nel quale scorrono scuri liquami nauseabondi e strette banchine su entrambi i bordi. La prova definitiva, se ce ne fosse stato bisogno, della natura fogniaria di quel luogo. Benchè le tracce degli Artigli conducano verso nord, Lucien, in virtù della loro ultima decisione, insiste per esplorare anche l'altra direzione della galleria e così il gruppo si avventura in essa. Superando un'area in cui alcune passerelle e ponti in legno, ormai vecchi e logori, sono stati posizionati tra le banchine per facilitare presumibilmente il passaggio da un lato all'altro della galleria, il gruppo raggiunge una zona che pare concludersi con un vicolo cieco. Qui, infatti, in un'altra piccola vasca, altri liquami dall'orribile fetore vengono convogliati da un sistema di vecchie tubature arrugginite, proseguendo poi stancamente lungo un lento flusso che sembra andare nella direzione dalla quale provengono i quattro. Dopo aver scacciato due grossi ratti che si dileguano squittendo nell'oscurità, il gruppo è quindi intenzionato a tornare indietro ma Lucien viene attirato da alcune casse di legno marce accatastate in un angolo della stanza. Non volendo lasciare nulla al caso, il warlock vi si avvicina incuriosito e scostandole rivela qualcosa di inaspettato. Una scaletta in ferro, incassata nella parete di pietra, si trova proprio dietro alle casse e conduce in alto ad un'apertura seminascosta nel soffitto. Lucien non impiega molto tempo per capire che si tratta di un accesso alle fogne dal piano di Sturben. Sopra di lui vi è infatti un banale tombino in ferro. Anche gli altri a quel punto si avvicinano ed i quattro si torvano a ragionare sul perchè tale accesso fosse stato occultato. Ma le risposte che nascono nelle loro menti non portano a nulla di buono ed anzi li mettono ancora più in guardia sul luogo nel quale si trovano. Qualcuno infatti, evidentemente, non vuole che altri giungano fin lì. Per questo motivo e proprio per l'eventualità di trovarsi stavolta effettivamente nelle vicinanze del necromante, nonostante la probabile pericolosità delle circostanze attuali, il gruppo è ancora più convinto nel proseguire la propria cerca. Così, dopo aver riposizionato le casse a coprire la scaletta per non destare allarme, essi riprendono la loro marcia tornando al bivio precedente e proseguendo poi da lì a seguire le impronte di fango sul pavimento freddo e umido. Camminando sulla stretta banchina in fila indiana, nel buio rischiarato solo in piccola parte dalla loro lanterna, il gruppo procede in relativo silenzio. Solo il ritmico e lento gocciolare delle tubature sul liquido che scorre nel canale centrale della galleria e dell'acqua sulle pareti umide rompe quel silenzio, unito a qualche distante e sporadico squittìo. Tiresio e anche Karak a causa della sua maggiore sensibilità soffrono più degli altri il puzzo repellente di quel luogo ed il bardo, in particolare, è costretto ad avanzare con una mano a coprirsi il naso e la bocca. Il lucertoloide, d'altro canto, più che a provare disgusto è impegnato a tenere d'occhio le tracce sul pavimento di pietra che comunque appaiono in bella vista e seguibili con non troppa difficoltà. Pertanto, Goldrick, Lucien e lo stesso Tiresio lo seguono da vicino stando bene attenti a dove mettono i piedi. La banchina infatti non solo è rovinata e sdrucciolevole in svariati punti ma anche umida e scivolosa a causa dell'acqua, dell'umidità e della frequente muffa. Continuando a percorrere la via suggerita dalla impronte perciò, il gruppo prosegue nella sua esplorazione oltrepassando diversi bivi nei quali la galleria si divide. Dopo aver superato un inquietante cumulo di sporcizia galleggiante sulle acque del canale ed una seconda scaletta di ferro nascosta da altre casse allo stesso modo della prima, i quattro si ritrovano proprio al di sotto di un altro tombino, all'incrocio di più gallerie identiche. Del tutto casualmente, a quel punto, odono attraverso di esso la conversazione tra due donne, una delle quali, più anziana, sembra redarguire l'altra sul suo abbigliamento. Il riferimento all'appropriato modo di vestirsi in chiesa e alla probabile reazione negativa della Diacona in proposito, fanno ritenere al gruppo di assistere ad un dialogo tra due sacerdotesse di Ezra. Ciò, unito ai loro già fondati sospetti basati sull'esplorazione fin lì effettuata, li fa finalmente ritenere di sapere dove si trovano e precisamente in un punto delle fognature poco più a ovest del tempio della Signora delle Nebbie. "Ne avevamo il sentore in effetti", esclama Lucien indicando con l'indice il punto nella mappa delle fogne tenuta aperta davanti a lui da Karak, "avevamo capito di trovarci più o meno qui". "Credo che siamo sotto ad uno degli edifici vicini al tempio, quelli adibiti al clero. Li ho visti da vicino quando ci sono passato con Meriel Belkin", aggiunge Tiresio per conferma, "a quanto ricordo poi dovrebbero essere celebrati dei riti notturni in onore di Ezra, anche se non so nè quando di preciso nè in cosa consistano. Questo spiega il dialogo delle due donne ed entrambe le cose dimostrano che ci troviamo in questa zona". Rassicurati quindi dall'aver finalmente compreso la loro attuale posizione anche se contemporaneamente turbati dalla vicinanza al tempio che non fa che gettare altre dubbi sul potenziale legame tra l'intera vicenda ed il clero di Ezra, i quattro riprendono a camminare di fianco alle impronte. Oltrepassando altri bivi, un tunnel chiuso da una cancellata che sembra dare accesso ad un'altra area delle fogne ed un ponte in legno pericolante che a malapena sostiene il loro passaggio, alla fine, quando da poco è passata l'una di notte, il gruppo raggiunge un apparente vicolo cieco della galleria che stanno percorrendo. Poco distante infatti da una sorta di mulinello d'acqua nel canale creato dallo sgorgo in esso di più tubature provenienti da direzioni diverse, Goldrick, Karak, Lucien e Tiresio si trovano di fronte un tunnel molto simile al precedente. Lungo circa 10 metri, esso pare condurre in un ambiente più vasto, immerso nelle tenebre come ogni angolo di quelle fogne. Il cancello in ferro che in apparenza lo sbarra, tuttavia, non è chiuso ed il gruppo realizza di poter passare senza problemi anche perchè le tracce degli Artigli spariscono proprio oltre di esso. La loro cautela, però, è per fortuna superiore alla loro curiosità e al desiderio di giungere alla fine di quel percorso. Controllando difatti per scrupolo il tunnel con la sua capacità di individuare la magia, Tiresio scorge quella che pare una trappola magica collocata su di una mattonella del pavimento esattamente alla sua altra estremità. Informando gli altri di ciò e comprendendo a questo punto di essere veramente sulla strada giusta, i quattro decidono a maggior ragione di proseguire con la massima attenzione e le armi in pugno, indirizzati dal bardo su dove mettere i piedi. Così essi percorrono il tunnel lentamente e con circospezione fino a sbucare dall'altro lato senza far scattare la trappola. Nel momento però in cui tutti e quattro giungono in quella che pare una grande stanza di confluenza delle acque reflue, prima ancora di potersi guardare intorno, un fischio riecheggia nell'aria fredda e fetida. Il fischio di una melodia lenta e triste, per certi versi inquietante. Bastano pochi attimi, però, per far sì che tutti, Tiresio in primis, riconoscano quel fischio. L'inconfondibile motivetto che il bardo era riuscito a riprodurre su indicazione della piccola Almira. Il fischio che, a dire della bambina, il necromante stava cantando quando ella l'aveva scorto da lontano ai limiti del bosco. Qualcuno, là sotto, lo sta intonando in modo fin troppo accurato perchè il gruppo non abbia quasi la certezza di sapere di chi si tratti...


